Pubblichiamo l’intervento di Luciano Cavaliere, dirigente nazionale di Fratelli d’Italia legato al dibattito scaturito dalla nota di Giovani Donzelli, sull’opportunità o meno di conservare la fiamma nel simbolo del partito di Giorgia Meloni
Non è una questione di simbolo ma è ciò che esso rappresenta e ha ragione Donzelli quando sostiene ad alta voce che è giunto il momento di ridisegnare i confini della destra. Superare Alleanza Nazionale anche perché era nella sua natura quella di andare oltre, la destra si è caratterizzata nella sua storia in un continuo e perenne “panta rei” senza sì dimenticare cosa è stata ma con il solo fine di guardare avanti e non paralizzarsi su un continuo e perenne sguardo all’indietro, la destra non è torcicollo, non lo è mai stata. Legittimo e onorevole il tentativo perseguito nel provare a rimettere insieme una tradizione politica che indubbiamente ha rappresentato anni importanti per la storia di questo paese, ma oggi più che mai è fondamentale porre la parola fine, anche perché ultimamente abbiamo perso troppo tempo ad inseguire i fantasmi di un esperienza finita, con protagonisti, legittimamente coinvolti, nel rigenerare se stessi più che pensare al futuro della nostra comunità ed è proprio per questo che condivido il pensiero per cui serve una “fase due” per Fratelli d’Italia. Ripartire dai territori, dai movimenti civici, dalle associazioni, da Terra Nostra ma anche da quel che di buono fu fatto con Officina Italia, quell’esperienza così lungimirante che mise al tavolo pensatori, giornalisti, economisti, professionisti, uomini e donne di buona volontà che provarono a delineare quei confini che oggi, alla luce della crisi che il centro destra sta vivendo, e non solo in termini di voti perché i voti mancano soprattutto quando mancano le idee, appaiono sempre più stretti soprattutto alla mia generazione, a quella dei social e degli smartphone, quella dell’erasmus e dei co.co.pro., ma anche la generazione delle start-up, una generazione che nonostante tutto non si arrende e prova, rischia, scommette sul proprio futuro.
Bisogna tornare ad avere il coraggio di parlare di crescita, la sfida del mercato globale e i troppi vincoli imposti dalla Comunità Europea, non fanno altro che ridimensionare le aspettative e le speranze di imprenditori e delle piccole e medie imprese, quelle che assieme agli artigiani, hanno fatto grande l’Italia. Quelle famose “partite iva” che Guido Crosetto non perdeva occasione per ribadire la necessità di farsi portavoce, di difenderne la sopravvivenza. Non una politica economica del rigore per volontà della Merkel, assecondata dai governi di turno e guarda caso sempre per lo più governi “non eletti”, ma una politica economica “consapevole” e con un approccio culturale differente. Non si può pensare che la capacità di spesa possa aumentare se si considera le imprese e le famiglie come semplici fonti da tassare. Le grandi imprese italiane delocalizzano, e contribuiscono a danneggiare il Paese ma ci siamo mai chiesti se il sistema fiscale in Italia è competitivo con il mondo circostante? In un mercato “sleale” come quello in cui viviamo, le grandi aziende se non delocalizzano rischiano di perdere la sfida concorrenziale che la globalizzazione oggi impone. E mentre un grande imprenditore si può permettere di delocalizzare, le piccole imprese, i commercianti e gli artigiani sono per lo più costretti a chiudere bottega e i giovani, molti fra loro, preferiscono andare a trovare fortuna altrove.
La destra deve ripartire da qui, dalla capacità di saper declinare parole come: “lavoro, giustizia, semplificazione, formazione, fisco” immaginare un piano riorganizzativo che sappia attrarre investitori e faccia sentire i nostri imprenditori, sia chi Renzi ha fatto diventare più povero ma anche a chi, nonostante Renzi, ce la sta facendo citando Donzelli, sicuri di credere nel nostro Paese per poter affrontare le sfide del futuro.
Penso ai lavoratori che in questi giorni protestano per la crisi del grano, a chi lo ha fatto per le quote latte o per l’introduzione nel mercato europeo dell’olio tunisino, penso ai pescatori vittime delle misure stringenti imposte da Bruxelles sull’utilizzo delle reti da pesca, penso a quelle piccole botteghe di commercianti che devono subire la concorrenza della bottega accanto gestita da cinesi ai quali il fisco riserva imposte differenti, penso ai piccoli risparmiatori e allo sciacallaggio fatto dalle banche, ecco la destra deve saper parlare a tutti loro, perché anche questo è Patria.
Ricordo il manifesto del congresso di Azione Universitaria, quello che sancì il passaggio della guida del mondo universitario proprio a Giovanni Donzelli, sullo sfondo vi erano delle “parole” (oggi “hashtag”) si partiva da “meritocrazia” e si finiva con “bellezza”, ecco la destra deve saper anche declinare la parola “bellezza” quella stessa che accostata alla parola “cultura” fa così grande l’Italia, e a ruota “made in Italy”, nostra grande ricchezza identitaria quella delle eccellenze della moda, della produzione enogastronomica e agroalimentare, ma anche dello sviluppo tecnologico, del turismo, dovremmo solo per la storia e geografia di questo Paese poter costruire posti di lavoro a sufficienza, ma soprattutto penso alla centralità dell’uomo.
La destra che immagino deve saper tornare a guardare al valore di ogni individuo, saper distinguere l’egualitarismo, la follia di un appiattimento verso il basso per cui siamo tutti uguali, all’uguaglianza, la possibilità nella corsa della vita di partire tutti alle stesse condizioni, la differenza la farà il merito e il valore di ciascuno, creando soltanto così una società concorrenzialmente sana e predisposta al migliorarsi.
All’Europa del “no tout court” lepenista, che spaventa gli imprenditori, gli economisti e che pone anche qualche dubbio a chi ci continua a guardare con diffidenza, dovremmo saper immaginare un Europa ne filo-tedesca ne tanto meno filo-francese perché non basta dire che siamo per l’Europa dei popoli, contrari a questa delle banche, del bail-in, del fiscal compact, del Ttip, del MES, critici nei confronti dell’euro, l’unica moneta della storia creata senza uno Stato e soprattutto in assenza di una politica finanziaria e fiscale comune.
Raccolgo lo spunto di Donzelli, bisogna tracciare i nuovi confini, lavorare per la carta dei valori rivedere i nostri paradigmi e soprattutto sancire definitivamente un patto fra generazioni che sappiano porsi come interlocutori con i cittadini e con le categorie troppo spesso dimenticate affiancando Giorgia Meloni in questa sfida. Veneziani dice che “c’ è un’ area di opinione che è come sospesa, ma non si riconosce in uno spazio politico”, e ha perfettamente ragione bisogna lavorare lì, senza “nostalgismi” e senza chiusure perché la destra che ho a cuore non fa le analisi del sangue, non guarda il dna di chi sale sulla barca ma guarda la capacità di poter indirizzare il vascello nella stessa direzione, una direzione che guarda al futuro …e quello del centrodestra passa necessariamente da qui.
* Dirigente Nazionale FdI