Non sempre il modello americano funziona in Europa e soprattutto in Italia. Negli USA si sta assistendo alla crisi dei centri commerciali. Forse il simbolo più conosciuto del modello di consumismo yankee. Ma ora non funziona più. Perché il nuovo capitalismo, sempre più finanziario e parassitario e sempre meno produttivo, ha schiacciato la classe media che era la frequentatrice più assidua dei centri commerciali. Così chi ha meno soldi si rivolge ai discount ed i ricchi preferiscono catene di prestigio. È a questo pubblico di nicchia che si rivolge, ad esempio, Eataly. Ma in Italia? In Italia i discount crescono per le medesime ragioni e se c’è un pubblico sufficientemente vasto per far prosperare Eataly, in Italia non ci sono abbastanza ricchi da garantire il successo di catene del lusso. Che possono funzionare in qualche grande città, ma che non riescono ad avere una maggior diffusione nelle città piccole e medie che caratterizzano la Penisola. Così i negozi del lusso finiscono per vivere grazie agli acquisti di turisti stranieri.
C’è però un altro aspetto che rende differente il modello americano da quello italiano. Da noi anche chi non è ricco possiede, spesso anche se in misura ridotta rispetto al passato, un innato senso per il bello. Così si cerca il prodotto artigianale invece di quello di massa. E le nuove tecnologie, a partire dalle stampanti 3D, consentono di produrre pezzi unici a prezzi più abbordabili rispetto al passato (se poi il produttore specula, e’ un problema diverso). Non siamo al ritorno del “piccolo e’ bello”, ma per i piccoli che hanno puntato su qualità e innovazione si riaprono spazi che parevano preclusi.
L’oggetto unico piace ancora, benché il lavaggio dei cervelli a favore del l’omologazione del pensiero e del gusto abbia provocato danni spaventosi. Così ci si ritrova con stranieri acculturati alla ricerca dell’unicità italiana mentre i giovani italiani cercano di assomigliare a quella world class priva di ogni senso del bello, del buono e del giusto.