Dopo la Brexit e il crollo delle borse, la svalutazione della sterlina e le manifestazioni di vittimismo strappalacrime degli scozzesi al parlamento europeo, cosa rimane del grave pericolo derivante dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea? In borsa c’è già stato un rimbalzo, i titoli bancari recuperano, la sterlina è stabile. Pare di capire, che il referendum sia stato preso a pretesto per la solita speculazione e che ai tanto decantati mercati, la Brexit abbia fatto il solletico.
Dunque, perché tutto questo stracciarsi le vesti da parte della stampa internazionale, con quella italiana in testa? La disperazione appare infondata, eppure il fondamento c’è. La Brexit, e il ritorno alle urne decretato in Austria dopo il ballottaggio tra il verde Van der Bellen e l’euroscettico Hofer, mette infatti in discussione l’ideologia mondialista che prevede l’organizzazione degli stati in grossi organismi sovranazionali. Il progetto di riunire tutti sotto una specie di governo unico mondiale, multietnico, senza identità, senza confini, governato di fatto dal mercato, non è una teoria complottista, ma un sogno accarezzato da molti anni. La propaganda in questo senso, che pretende di passare dal “plagio” dei giovani dotati di smartphone, è piuttosto palese. Immaginatevi la frustrazione quando si è scoperto che i giovani non erano neanche andati a votare in Gran Bretagna e che il voto per posta austriaco era per lo meno “irregolare”.
Se uno dei capisaldi di questo progetto unificante volto ad instaurare la dittatura dell’economia pianificata e di scala, l’Unione Europea, viene messo in discussione tramite la volontà popolare, c’è il rischio che la popolazione si dia una svegliata e inizi a pensare che, in fin dei conti, il grano è meglio coltivarselo in casa piuttosto che importarlo, il latte cinese fa un po’ schifo, la carne allevata dai propri connazionali forse è più sana. Che le masse di immigrati portate a forza sulle nostre coste altro non sono che schiavi il cui scopo è abbassare il costo del lavoro ed eliminare i nostri diritti. C’è il rischio vero che il progetto salti e che tutta l’impalcatura mondialista crolli su sé stessa.