«Era inevitabile che l’elettorato si rivolgesse altrove». Per Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1 e saggista, la vittoria di Virginia Raggi a Roma è stato «un risultato abbastanza scontato. Perché la Capitale usciva da una serie disastrosa di esperienze amministrative». Il boom dei Cinque Stelle, però, a suo avviso è frutto anche di una reazione “composta” da parte di settori tutt’altro che marginali della società ai quali la destra «deve tornare a dare risposte. A partire proprio dal recupero della vocazione delle città».
Sangiuliano, Virginia Raggi ha vinto solo grazie ai guai prodotti dalle amministrazioni precedenti?
No. In primo luogo l’elettorato di centrodestra è andato in blocco a sostenerla, sia gli elettori di Giorgia Meloni che quelli di Alfio Marchini. Il Pd, poi, avrebbe potuto cercare un personaggio di maggiore imprinting e spessore culturale rispetto a Roberto Giachetti. Vale la pena ricordare che quando il Pci conquistò le grandi città nel 1975 portò come primo sindaco di Roma comunista un intellettuale come Carlo Giulio Argan, il più grande storico dell’arte italiana. Da Argan a Giachetti vi sono un oceano Pacifico e Atlantico messi assieme.
Ha fatto qualcosa la grillina per “meritarsi” il voto di centrodestra?
Non lo ha disdegnato. Ha detto che le categorie di destra e sinistra sono superate e quindi ha accettato qualsiasi tipo di elettorato, deideologizzando opportunamente ogni tipo di scontro. Poi quell’elettorato si è rivolto lì perché c’è stato di fatto un voto politico. Quasi una prova generale di una sfida nazionale.
Si è manifestata la reazione del popolo contro l’élite o è stato solo un messaggio a Renzi?
A Torino, ad esempio, il voto è stato significativamente politico. Fassino non è stato un cattivo sindaco, però – come lui stesso ha riconosciuto – Torino è una città devastata dalla crisi economica e soprattutto da quella della deindustrializzazione. La città ha perso la sua fisionomia sociale. Quelli che sono i figli dell’ex classe operaia e che però, per quanto operaia, aveva delle certezze di lavoro e di salario, adesso sono la nuova classe dei precari. Per cui Fassino è stato percepito come parte di quell’establishment dei garantiti, del ceto impiegatizio, dei dipendenti pubblici, che rappresentano la minoranza. Invece i non garantiti sono la maggioranza, e si sono rivolti all’Appendino.
Torniamo nella Capitale. Che elemento simbolico o storico porta con sé Virginia Raggi?
Cornelia, la madre dei Gracchi. Colei che rappresentò un momento di svolta per l’antica Roma. Vediamo che cosa ne viene fuori adesso.
Non dovrebbe essere lo spazio della destra, quello occupato oggi dal sindaco 5 Stelle?
Sì, dovrebbe essere quello della destra romana. Ma quest’ultima non si è dimostrata all’altezza del valore che le era stato conferito. Ma questo accade in tutta Italia.
Ad esempio?
Per la prima volta dalla storia repubblicana la destra non è rappresentata nel Consiglio comunale di Milano. Non è rappresentata nel Consiglio comunale di Napoli, dove il Msi nel 1972 prese il 28% dei voti e ha sempre avuto percentuali che non sono mai scese dalla doppia cifra. Segnale di miseria politica questo, perché ci sono una serie di personaggi che passano il tempo sui social network a parlarsi male l’uno con l’altro anziché cercare di ricostruire una prospettiva.
Non c’è il rischio che l’endorsement di Matteo Salvini ai 5 Stelle possa portare gli elettori di destra a non tornare più indietro?
Sicuramente. Perché poi la destra dovrebbe cercare di differenziarsi non solo dal Pd e dalla sinistra ma anche dai 5 Stelle. È stato un errore politico, non c’è dubbio.
Che cosa deve fare Raggi per “trattenere” il voto di destra?
Deve declinare anche una parte dei suoi valori. Certamente la legalità, che è stato un connotato di destra. L’ordine, inteso anche come decoro urbano. Il buon governo e la buona amministrazione. E poi una regolamentazione della presenza dei migranti. Dare a Roma, cioè, quel decoro che abbiamo nelle altre grandi capitali.
Insomma, quanti rimpianti per la destra. Sarebbe potuta essere Giorgia Meloni il primo sindaco donna della Capitale.
Poteva essere lei. Però non sono pessimista. Una sonora batosta può servire. Soprattutto per far capire alle vecchie generazioni che si è chiuso un ciclo. E poi le donne a destra hanno sempre avuto politicamente fortuna: il primo premier britannico è venuto da destra, il primo segretario alla sicurezza americano anche, come il primo Cancelliere donna in Germania….
Dove deve orientarsi la destra per riprendere le capitali, ossia Roma, Milano e Napoli?
Deve riprendere il grande tema del rilancio delle città. Queste, con la loro diversità, con la loro articolazione, con la loro storia, sono il più grande valore italiano nel mondo. Chi viene da noi viene per andare a Firenze, a Roma, a Verona. Sono le città il più grande valore identitario e storico degli italiani.
*da Il Tempo