Un’analisi politica del dato amministrativo, per essere onesta, deve concentrarsi nelle quattro grandi città italiane dove si è votato: Roma, Milano, Napoli e Torino perché, mentre nei centri grandi il risultato elettorale risente fortemente della politicizzazione del voto, nei centri medio-piccoli una classe dirigente locale di particolare capacità può supplire anche alla mancanza di una proposta politica seria e credibile.
In queste elezioni la prima cosa che salta agli occhi è che al secondo turno vanno da un lato la sinistra, dall’altro in uguale misura il centrodestra o il M5S.
Nell’Italia bipolare nell’elettorato e tripolare nella rappresentazione istituzionale, laddove il Centrodestra si presenta competitivo, il M5S ha risultati risibili, laddove il Centrodestra si presenta frammentato e fuori gioco il M5S occupa la scena dell’opposizione a Renzi.
Una costante del sistema politico italiano è l’esistenza di un elettorato che vota chiunque possa battere la sinistra e vota soltanto chi può batterlo, il tutto a prescindere da ogni valutazione sui programmi che vedono una netta differenza nei temi caldi della politica (immigrazione, Europa, famiglia etc…) fra il M5S e il centrodestra.
La seconda cosa che emerge è che, accanto al tracollo di Forza Italia come partito di riferimento del centrodestra, non riesce alla Lega e a FdI di imporsi come possibile alternativa federatrice: la Meloni non arriva al ballottaggio a Roma malgrado il lusinghiero risultato, ma soprattutto Fratelli d’Italia raggiunge l’1,46 a Torino, il 2,42 a Milano e l’1,28 a Napoli, percentuali che consentono di affermare l’assoluta mancanza di una presenza politica in queste importanti città, la Lega Nord non riesce a superare Forza Italia a Milano, si ferma al 5,73 a Torino, al 2.71 a Roma, mentre non è presente a Napoli, rimanendo una forza con una robusta ma non dominante presenza al Nord e particolarmente in Lombardia e sostanzialmente assente nel centrosud.
Le elezioni amministrative ci dicono che la stagione che arriva fino alle prossime elezioni politiche ci dirà chi sarà, fra il centrodestra e il M5S, l’unico vero sfidante del Pd di Renzi e che il centrodestra, se vuole provare a giocare una partita non di mera testimonianza, deve riuscire ad essere diverso sia del modello Berlusconiano che da quello dell’asse Salvini-Meloni.
Se il centrodestra non vuole lasciare al M5S il ruolo di alternativa a Renzi deve avere la forza di azzerare tutto e di rivedere per intero la propria missione politica, non potendosi limitare né ad inseguire le emergenze (immigrazione, sicurezza…), né a riproporre il solito modello Berlusconiano. Serve un nuovo atto fondativo che dall’analisi della società e dei suoi bisogni abbia una proposta politica che sappia porsi in maniera totalmente alternativa a Renzi, insieme a regole di partecipazioni che facciano emergere leader politico-elettorali e non padroni assoluti.
Contro il Pd portavoce dell’ideologia dei diritti civili, dell’europeismo finanziario e burocratico che distrugge le comunità naturali, serve un centrodestra che parli dell’autonomia e della missione etica delle comunità naturali, dell’identità nazionale da difendere non come retorico patriottismo ma come difesa dell’ambiente, dell’economia nazionale e della sovranità nazionale.
E’necessario mettere insieme intellettuali, rappresentanti politici ed esponenti della società civile per ripartire dell’idea e dal metodo se non si vuole lasciare al M5S il ruolo di alternativa al Pd.
* dirigente di Azione nazionale e componente cda del Secolo d’Italia