Vi sono alcune opere destinate ad essere imperiture e, forse proprio in virtù della loro eterna attualità, capaci di inquadrare limpidamente complesse dinamiche senza concedersi a velleità. È il caso del Libro Verde di Mu’ammar El Gheddafi. E quale occasione migliore del compleanno del Colonnello, per riscoprire il suo scritto pubblicato nel 1975? Gheddafi, al potere da sei anni, sul modello del Libro Rosso di Mao scrive il Libro Verde, ovvero “La Terza Teoria Universale“, con l’intento di offrire una “terza via”, che rigetti la dicotomia capitalismo-comunismo, e che si sublimi nella teoria del socialismo arabo, sospinto da un solido retroterra panarabista.
La tripartizione dell’opera
La rivoluzionaria opera annuncia l’era delle masse ed è divisa in tre parti. La prima è una riflessione politica imperniata su un’aspra critica al moderno Occidente democratico e ai suoi strumenti, che usurpano e monopolizzano il potere. L’unico mezzo dunque per mettere in atto la democrazia diretta sono i congressi popolari e i comitati popolari, proprio perché “la democrazia è il controllo del popolo su sé stesso”. Gheddafi prosegue con un affondo sulla “legge della società”, sottolineando l’inadeguatezza delle moderne costituzioni, che hanno sostituito la legge naturale, alimentata da tradizione e religione. La seconda parte si sposta sul problema economico: c’è una profonda analisi sul salariato, considerato una schiavitù in tutte le sue forme. La soluzione prospettata è la totale abolizione del salario e il ritorno alle norme naturali, presupposto del socialismo naturale, fondato sul principio per cui ad ogni elemento che ha partecipato alla produzione spetta un’equa distribuzione del prodotto: per questo la comunità socialista è libera, perché è felice, perché soddisfa i bisogni materiali e morali, senza predominio altrui e senza profitto e moneta.
L’autore ha fede nell’arrivo della rivoluzione socialista: i lavoratori prenderanno possesso delle parti loro spettanti nella produzione da loro realizzata. La terza parte si incentra, infine, sulla “base sociale” della Terza Teoria Universale. Il motore della storia umana è il legame associativo che si lega con il legame nazionale: alla base di ogni dinamica storica c’è la coscienza nazionale, base della sopravvivenza e della coesione sociale. L’ultimo segmento vira sul significato della famiglia: “La famiglia, riparo naturale dell’individuo, è più importante dello stato”. La tribù non è che un allargamento della famiglia, e la nazione non è che l’allargamento della tribù. Il Colonnello si concentra sulla figura della donna, che il mondo moderno sta trasformando, pretendendo un ruolo indecorosamente anti-femminile. Sottili sono le riflessioni finali sulle minoranze, sui neri, sull’istruzione moderna, coercitiva e imposta ai giovani, sulla musica e le arti, e infine sullo sport, che il popolo dovrebbe praticare attivamente.
Ma, alla fine dei conti, perché leggere oggi il Libro Verde? Oggi, nel trionfo dei danni del capitalismo – dal Colonnello definito come “società dove la produzione si accumula, si ingrandisce e rimane sempre in mano a un numero minore di proprietari, i quali non lavorano, ma sfruttano il lavoro della classe operaia costretta a produrre per vivere” -e soprattutto alla luce del caos libico post-assassinio di Gheddafi stesso, è doveroso guardare a questo manuale, come tentativo di ridestare la coscienza nazionale del popolo libico. La rivoluzione – profetizzata con fatalismo marxista – abbatterà ogni struttura e riporterà l’ordine necessario, dai governi, alle fabbriche, al monopolio sociale.