Suona il citofono. “Sono Fujiko, apri!”. Io che me ne stavo davanti a The Voice per i casi miei ora mi devo pure rivestire. Sì, mi vedo The Voice perché mi piace assai Raffaella Carrà. Una mia debolezza. Comunque, mi metto presentabile e apro la porta. ‘Sta sciavorta entra tutta agitata e si butta sul divano. Piglia la birra che mi stavo bevendo io e se la scola tutta.
“Buonasera, signora”. Le dico. “Jigen, sono disperata”. E quando mai. Ma comunque ormai è entrata, la birra me l’ha finita e intanto mi tasto la tasca della giacchetta per vedere se la pistola stavolta c’è. Sì, c’è. Fujiko, parla poco, bene e piazzato mi raccomando che una palla in fronte te la schiatto volentieri.
“Jigen – sussurra – c’hai un’altra birra?”. E manco mi fa rispondere che s’alza, apre il frigorifero e stappa la prima Wuhrer che le capita a tiro. S’accanna, si bea, si passa il palmo della mano sulle labbra e comincia a parlare. “Jigen, io devo parlare con qualcuno se no esco pazza. Jigen sono stata ingannata!”. Godo di un orgasmo da tredici serie, dieci film, quattordici cortometraggi, spin-off compresi. “Povera cara”. Le rido in faccia.
“No, Jigen. Ho solo te per sfogarmi. Goemon pensa solo alle bollette, Lupin s’è iscritto all’ufficio di collocamento ed è diventato cupo e geloso. Solo tu mi sei rimasto, amico di mille avventure”. Ma chi la conosce? Comunque le do corda: “Tesoro, ma non stavi in Inghilterra per quel fatto del diamante Cullinan, la stella d’Africa?”. “Sì e qua è cominciato il guaio mio”. Niente di meno, ha trovato uno più cazzimmoso di lei? Se è vero, vado a piedi a casa sua e gli do un bacio in fronte. “Comunque, ti spiego: da Londra mi sono spostata nelle Midlands”. “Eh?”. “A Leicester”.
Fujiko pallonara, questa mi mancava. Se lo viene a sapere Lupin che da quando sta con lei non si va più a vedere l’Atletico Tokyo s’impicca. “Sì, cioè è una grande impresa, no? La squadra piccola che vince contro le grandi il torneo più antico e importante del mondo. Bellissimo. Poi c’era tanta gente, tante feste e c’era Claudio Ranieri”. Sì, lo conosco: quello che fino a sette mesi fa era il più sfigato di Trastevere e mo’ lo vogliono ingaggiare per le frasi dei Baci Perugina. “Embé?”, le chiedo. “E niente, a me Ranieri piace. E pure assai. Jigen, non la portiamo troppo per le lunghe. L’ho incontrato in un circolo Acli e me lo sono portata a letto”. Ranieri se la fa nei circoletti, ora? E l’Acli sta pure in Inghilterra? Bah. Aggrotto le sopracciglia, sforzandomi di fingere interesse. “Fujì, e allora?”.
“E allora l’ho portato in albergo, l’ho spogliato e gli ho tirato il campanello”. Ahahahahahahahaha. Mi ride pure la barba ma non posso darlo a vedere se no mi tocca spararle sul serio. “E quindi?”. “E quindi”, gli occhi si fanno rossi, sgorgano fiotti di lacrime. “E quindi non faceva Dilly Dong – Dilly Dong. Faceva driiiin. Non era il bonazzo di sor Claudio ma quel fottutissimo elettricista scozzese, in ventisei c’ha ingannate e alla fine ci ha sputtanate pure sul giornale! Ma ti rendi conto?!?”.
Mi alzo, le prendo un foglio di carta. La prego di asciugarsi il pianto. Le accarezzo il viso e le punto il coltello alla gola: “mo’ se non te vai ti scanno che ci sta il televoto”.
@barbadilloit