La discussione su un referendum è diventata, così come tante altre materie in Italia, ingannevole e farsesca. Si fa molta fatica a discutere dei contenuti di un quesito ed a seconda se la maggiore o minore affluenza interessi questo o quel governante, il tutto si riduce ad inviti espliciti a votare o non andare alle urne per raggiungere o meno il famigerato quorum laddove occorra. Astensione o voto senza contenuti, come se il popolo – in vero già abbastanza disilluso per via del fatto che in passato la volontà popolare espressa in altri referendum sia stata completamente ignorata – fosse formato da un branco di cittadini totalmente immaturi ed ignoranti.
Ma quel che infastidisce ancor di più è la reazione fanciullesca di quanti, ad urne chiuse, di solito paladini della “Costituzione più bella del mondo” – la stessa che prevede l’odiato quorum – iniziano a lagnarsi per gli esiti della consultazione popolare, mettendo all’indice altri cittadini italiani. Non c’è nessuna superiorità morale nell’esprimersi in un referendum rispetto a chi non lo fa, al massimo maggiore attenzione e passione civica. Non si può del resto nutrire nessuna acrimonia verso quanti sono disaffezionati dal voto, per giunta il voto referendario diventato uno strumento farsesco per l’uso che se n’è fatto negli ultimi vent’anni. Fermo restando poi, per dare un termine di paragone, che al referendum sull’acqua pubblica, che ebbe una enorme visibilità mediatica oltre ad una maggiore attenzione nei territori con convegni, dibattiti e comizi, si recò alle urne poco più del 50% degli aventi diritto senza un’affluenza plebiscitaria. I temi caldi sui quali oggi l’opinione pubblica è attenta – e sarebbe anomalo il contrario – sono la crisi economica la cui uscita viene sistematicamente rinviata di anno in anno, l’immigrazione incontrollata e la lotta al terrorismo islamico. Per altri temi, seppur importanti, senza alcuna costante campagna mediatica non ci si inventa nulla in una opinione pubblica già abbastanza sfiduciata e scoraggiata dagli attuali metodi e dalle degenerazioni della democrazia rappresentativa
Detto ciò l’ultimo referendum “contro le trivelle” semplicemente ha scontato due fattori: la disaffezione al voto sempre più generale ma soprattutto il fatto che oggettivamente il quesito sia stato mediaticamente boicottato dalle tv e dal governo che ha fatto di tutto affinché vi fosse la minore affluenza possibile per tutelare la propria azione politica. Inutile negare che una ampia fetta di popolazione si nutre dall’informazione televisiva e che non bastano web e social, pur con un evidente peso sempre più rilevante, per mobilitare l’intero corpo elettorale. Quindi, in condizioni poco idonee a consentire la massima diffusione del referendum del 17 aprile, il fatto che circa 15 milioni di italiani si siano recati alle urne è un dato da tenere in considerazione specie per chi come Renzi e Napolitano, due che politicamente hanno ripetutamente agito per sottrarre fette di sovranità al popolo italiano, hanno palesemente invitato a non recarsi alle urne. Questo in attesa della madre di tutte le battaglie che è per Renzi e Napolitano il referendum costituzionale del prossimo autunno che avrà una pubblicità ben diversa tra l’opinione pubblica e con conseguenze politiche rilevanti.