Cerreto Sannita un comune di quasi 4000 anime che si erge orgoglioso alle porte del Parco Regionale del Matese. Perla economica del Sannio per la sua ceramica variopinta, arricchita dallo stile baroccheggiante già nel lontano 1688 dall’apporto dei “faenzari” (ceramisti napoletani), ma anche per le sue bellezze storiche e paesaggistiche. Oggi torna a far parlare di sé in seguito alla scelta del sindaco Pasquale Santagata e dell’amministrazione comunale di modificare la toponomastica, escludendo i nomi piemontesi e inserendo protagonisti dell’opposizione armata all’Unità d’Italia, accanto ad eccellenze del territorio.
Cosimo Giordano oltre ad avere intatta ed indicata, anche sul sito ufficiale del Comune, la sua casa natale e la grotta nella quale probabilmente si nascondeva con i briganti, avrà anche la sua titolazione viaria. Cosimo Giordano è stato un caporale regio, poi capobrigante, combattendo con la chiesa e i Borbone contro i Piemontesi, fu condannato a trascorrere i suoi ultimi giorni in carcere e destinato ai lavori forzati per spegnersi nel 1887. Rappresentante altero di un volto del fenomeno “brigantaggio”, che non è stato solo una risposta alla fame, come vorrebbe la critica gramsciana, ma che è stato fenomeno soprattutto politico, grido di libertà e indipendenza da un controllo invasivo straniero mal
accettato; un fenomeno per il quale la popolazione ha duramente pagato: molti conoscono le sorti di Pontelandolfo, Casalduni e di altri paesi sanniti, rei di accogliere e difendere i suoi difensori.
Il sindaco Pasquale Santagata, al suo secondo mandato, ci spiega che la scelta di intitolare a Giordano una piazza è giustificata dal fatto che uomini come Cosimo Giordano meritano di essere ricordati e anzi si devono ergersi a simbolo, per rompere l’omertà della cultura legittimata a parlare. Con partecipazione emotiva evidente prosegue nel raccontarci chi è per lui Cosimo Giordano, ovvero un uomo che ha avuto il coraggio di rappresentare i contadini traditi dalle promesse garibaldine, il rappresentante delle speranze di tanti emarginati, dei tanti fucilati da Bixio, di chi ha imbracciato le armi contro l’invasore.
Con la stessa onestà intellettuale con cui mostra le sue idee, essendone orgoglioso, conferma che tale scelta amministrativa è in realtà una provocazione storico-intellettuale, di contributo alla revisione storica risorgimentale.
Si perché si deve definire così la storia che non può essere raccontata, quella stessa storia che l’amato Tacito consigliava di scrivere sine ira et studio, ma che troppa rabbia nasconde ancora negli archivi non aperti, troppa inefficienza e superficialità nelle omissioni dei percorsi di studio ministeriali.
Dal lontano 1985 Pasquale Santagata è impegnato in questo ruolo di “scuotitore di coscienze”, che definisce “un dovere”. In quell’anno, infatti, a Cerreto Sannita, proprio Santagata ha invitato per conto di un’associazione territoriale, l’on. Angelo Manna e Franco Molfese a parlare di brigantaggio. Del convegno esistono atti, quasi esauriti, da cui sono scaturite numerose iniziative. Nel 1991 è stato proprio Manna, ci racconta, ad interpellare Clemente Mastella, Sottosegretario di Stato per la difesa, relativamente alle possibilità di accesso ai documenti sul brigantaggio custoditi presso lo stato maggiore dell’esercito, senza avere dall’impreparato Mastella risposta esaustiva ed adeguata. E quegli archivi rimangono chiusi e muta la storia che vorrebbero raccontarci.
Un atto consapevole quindi, quello del sindaco cerretese, ma coraggioso, unico in Campania per il momento; un atto provocatorio, che emula l’orgoglio punito dei nostri avi e conserva il sapore amaro del riscatto del sud.