La privacy torna a diventare protagonista. A scatenare il dibattito questa volta è una contesa fra FBI ed Apple, con l’agenzia federale che chiede alla major dell’informatica di decriptare un telefono appartenente ad un ragazzo morto. Che però non è una persona qualsiasi, ma Syed Farook, accusato di essere il terrorista della strage di San Bernardino e responsabile della morte di 14 persone. I giudici statunitensi hanno chiesto alla Apple di sviluppare un software per poter accedere ai dati dell’iPhone 5 di Farook, ma l’azienda, per bocca di Tim Cook, fa sapere che non è una strada percorribile. “Sarebbe un precedente pericoloso” per la sicurezza dei loro utenti. In questi giorni nella contesa è entrato anche Bill Gates, secondo il quale Apple dovrebbe assecondare la richiesta dell’FBI.
Il dibattito è sempre il solito, dai tempi di George W. Bush, che dopo l’11 settembre iniziò a parlare di sacrificare il proprio privato per la lotta al terrorismo. Eppure il privato è sacro e perché una persona che non fa nulla di male deve essere spiata? E perché, nel caso, le informazioni che non c’entrano con le indagini, come colloqui amorosi con la fidanzata (o l’amante) devono essere salvati e archiviati.
In questo caso l’affare è ancora più scottante, perché si chiede ad un’azienda di mettere in discussione uno dei suoi core business, cioè l’inviolabilità dei dati personali. Se venisse fatto una volta si potrebbe fare sempre e, ancora peggio, per un utente si materializzerebbe il timore che il software finisse nelle mani di un malintenzionato. La Apple rischia la propria immagine.
Anche in Italia il dibattito ferve. Scrive Francesco Maria del Vigo su Il Giornale, “la Apple difende la privacy? Allora non usi i nostri dati”, perché tutte le major raccolgono i fatti nostri e li usano per le pubblicità. Ma su Repubblica, il filosofo Michael Walzer rileva che il discorso è più complesso. “I giganti del web possono utilizzare i nostri dati a piacimento, come nelle fastidiose pubblicità personalizzate nell’email. Ma non hanno il potere coercitivo dei governi. Apple non può costringermi a comprare prodotti. Un governo, invece, se ha a disposizione dati sensibili, può mettermi in galera. O persino uccidere “. Il riferimento è alla pena di morte in USA.
Dunque sicurezza o privacy? Difficilmente si potranno mettere d’accordo tutti, ma la tendenza da parte dei governi ad invadere sempre di più il privato dei cittadini non va certo vista di buon occhio.