Caro direttore,
una premessa è d’obbligo: non mi appassionano le dispute sui nomi dei candidati sindaci di Roma, di Milano e di qualunque altra città. Non mi appassionano più perché è evidente che la politica ha alzato bandiera bianca e si è arresa alla società civile cedendole il suo ruolo e i suoi compiti. La politica è da sempre una mia passione grande, potrei dire sin da bambino. Ricordo quando negli anni ’60 con mio padre andavo ai comizi del MSI oppure ci recavamo presso la federazione provinciale del partito. Sono cresciuto facendo attività politica da adolescente e in seguito da giovane adulto. Vivevo, come moltissimi altri di quegli anni sia amici che avversari, la politica con slancio, passione, generosità. Ci si dedicava alla politica con spirito “missionario” senza porsi il problema di far parte della società civile (che poi a dirla tutta non si sa bene cosa sia realmente). La vicenda di Roma – parlo della candidatura di Bertolaso per il centrodestra, ma il centrosinistra non è messo meglio – è emblematica di una situazione generale: i politici, sempre più delegittimati, non sanno più che pesci prendere. Sono troppo legati ai Palazzi, alle lobbies, ai potentati economici e non. Ma proprio questo aumenta la loro distanza dalla vita della gente comune, dei cittadini. Non sanno trovare risposte ai piccoli imprenditori, alle famiglie costrette ai salti mortali per arrivare a fine mese con i magri stipendi falcidiati dalla voracità delle tasse, ai malati che vorrebbero vedere garantito il diritto alla salute con la riduzione drastica dei tempi di attesa per gli accertamenti diagnostici, a chi cerca un lavoro o teme di perdere il suo rischiando di essere buttato fuori dal mercato del lavoro. Si diceva un tempo – e alcuni lo dicono pure oggi, ma i più mentono sapendo di mentire – che la politica deve trovare risposte ai problemi dei cittadini. Ma come fa la politica a trovare le risposte? Ormai chi fa politica non ha più la conoscenza del territorio e delle sue genti, del suo popolo. Frequenta i potenti di turno, molti così facendo si sono costruiti brillantissime carriere con stipendi faraonici, che la maggior parte di noi possono soltanto immaginare. Niente nasce per caso: ne è una riprova l’elevazione a feticcio-totem del concetto della cosiddetta società civile, con tenacia perseguito e voluto. La politica non può essere lasciata in mano a dei dilettanti, sia che si voglia amministrare la capitale d’Italia oppure un piccolo comune con poche centinaia di abitanti. Esistevano un tempo le scuole di partito, che avevano il compito di formare chi voleva dedicarsi alla politica locale e nazionale. Certo, è innegabile che avremmo fatto volentieri a meno di alcuni di quelli che frequentarono quelle scuole. L’essere umano spesso sbaglia, i peggiori pure con consapevolezza. D’altronde esempi positivi e negativi c’erano, ci sono e ci saranno. Ma oltre alle lamentazioni, nelle quali noi italiani siamo eccellenti maestri, credo che qualcosa di più vada fatto. E forse un primo passo può essere questo: uscire dal letargo e capire a chi diamo in mano le sorti dei nostri territori e in più generale dell’Italia.