Do
L’esibizione a Sanremo di Ezio Bosso, compositore e pianista colpito da SLA, è giustamente diventata un positivo caso mediatico, guadagnandosi con la commozione e la gioia suscitate un ritaglio nelle cronache banali e sporche dell’economia, della politica, delle crisi internazionali. Un episodio fortunato, piccolo e molto pop (è pur sempre Sanremo), ma non banale e che ci permette delle considerazioni.
Re
Bosso è, col suo privato esempio di una manciata di minuti, un clamoroso inno sacro all’essere umano e all’essere umani. Una storia semplice e difficile, un desiderio comune e impegnativo, una canzone leggera, si fondono in un canto alla nostra dimensione di creature imperfette ispirate dalla trascendenza; ovvero dalla ricerca di una impossibile perfezione: il desiderio di essere autenticamente felici .
Mi
La felicità è l’innalzamento di un piccolo momento a prova di eternità. Non siamo infatti macchine dalle meccaniche scientiste, né animali volgari colmi solo dei desideri immediati del consumo. Non siamo le creature strette da faccende piccole che ci raccontano le cronache del contemporaneo e dell’attuale, del sempre presente. Siamo una razza dotata di una naturale attrazione verso l’eterno, che ultimamente ha però portato su un piano meramente materiale questa pulsione.
Impossibile, però, da soddisfare fisicamente.
Fa
Dalla nostra reazione a questo limite invalicabile, come a quella di un malato alla propria malattia, sta allora la prova della nostra umanità. Essere umani sta tanto nelle nostre forze che nelle nostre debolezze e la meraviglia risiede, molto più che in una facile arroganza, nella capacità di contemplare queste proprie debolezze e divenirne consapevoli e partecipi. L’umanità è dunque l’apprezzamento, dopo un primo comprensibile timore, dei propri limiti e della propria finitudine; in definitiva, della propria fragilità.
Sol
“La musica siamo noi”, dice dal palco Bosso con tono incerto, ma saggio, perché quando si fatica a parlare si scelgono bene le parole. Similmente, noi dovremmo imparare dai nostri limiti a scegliere bene quello che facciamo, dato che il nostro tempo è inesorabilmente limitato e la nostra esistenza, perciò, rara.
La
L’emozione e l’umanità nascono dal dubbio e dall’incertezza, dal non sapere cosa sarà e per quanto, o quando si manifesterà: persino dal palco di Sanremo, con il faccione abbronzato di Conti, persino dalla prima serata di Rai Uno possono giungere rivelazioni. L’emozione e l’umanità sono quelle domande che coviamo in noi sempre pronte a rinnovarsi, quel continuo sfidarsi che distingue l’animo nobile da quello volgare; l’emozione è in definitiva, come l’uomo, una cosa fragile.
Si
Colpisce il commento di un musicista che aveva già ascoltato, su internet, “Following a bird”, il brano eseguito da Bosso sul palco dell’Ariston: il pezzo non gli era piaciuto. Ma poi, riascoltandolo con quel racconto, con quel volto, ecco: diviene subito comprensibile, tanto più facilmente quanto meno logicamente. Perché siamo cose fragili, di una fragilità che non va esibita né celata, ma semplicemente accettata e rispettata.