Ci risiamo, la Cancelliera Angela Merkel è di nuovo in preda alla commozione. E allora c’è da preoccuparsi.
A fine agosto la vista di un bimbo affogato sulle spiagge turche la spinse ad aprire le porte a chiunque volesse accomodarsi in Germania, e bontà sua, nel resto d’Europa. E ancora oggi né lei, né il resto del continente sa come affrontare lo «tsunami» umano generato da cotanta emozione. In queste ore la stessa Cancelliera – in trasferta in Turchia – è mossa a compassione dalle decine di migliaia di sfollati in fuga dalle zone di Aleppo dove l’offensiva delle truppe di Damasco, accompagnata dai bombardamenti dell’aviazione di Mosca, mette in fuga i ribelli e i loro sostenitori. E così – ancor prima di farsi spiegare dal premier turco Ahmet Davutoglu e dal presidente Recep Tayyip Erdogan come intendano utilizzare i tre miliardi richiesti all’Unione Europea per fermare i migranti – la Cancelliera si lancia in un accorato appello contro la Russia di Vladimir Putin e la Siria di Bashar Assad. «Sono scioccata dalle sofferenze umane di migliaia di persone per i bombardamenti aerei e per gli attacchi che provengono dalla parte russa» – sbotta la Merkel dopo l’incontro con il premier turco.
L’uscita si potrebbe perdonare ad un novellino della politica, ma è difficilmente giustificabile se proferita dalla Cancelliera. A lei qualcuno dovrebbe aver spiegato che il signor Davutoglu – oltre ad essere il teorico del neo ottomanesimo e del pan islamismo – ovvero della scuola di pensiero decisa a restaurare il dominio turco sull’intero Medio Oriente, è anche il principale responsabile, assieme al suo capo Erdogan, del sostegno fornito ai ribelli jihadisti siriani. Ribelli costretti dopo l’intervento russo a ritirarsi assieme ai loro sostenitori civili. Dietro la compiacente dichiarazione regalata ai vertici di Ankara si nasconde, però il vuoto assoluto di una Cancelliera prigioniera del ricatto della Turchia. Una Turchia consapevole di tenere sotto scacco sia la Germania, sia il resto dell’Europa. E di poter taglieggiare entrambe minacciando di aprire o chiudere le proprie frontiere. E così mentre la Merkel chiede in virtù di quei tre miliardi «miglioramenti visibili per i rifugiati in Turchia» Davutoglu evoca il possibile arrivo di 700mila sfollati e si limita a prometterle un piano di massima per la prossima settimana. La vera arma del premier turco sono però quei trentamila profughi che già bussano alle porte dal confine siriano. Tenendoli fuori Ankara potrebbe giustificare un intervento militare sul territorio siriano con la scusa di creare una sorta di «corridoio umanitario» o «area di sicurezza» dove assisterli.
E subito dopo potrebbe richiedere l’assistenza degli alleati Nato contro i «cattivi» russi e siriani. Non a caso l’intervento della Nato viene perfino evocato da Davutoglu che accenna a un possibile impiego dei mezzi dell’Alleanza Atlantica per gestire l’insieme dell’emergenza sfollati. Il rischio è che la Merkel cada, come già a settembre, nel trappolone turco e la Nato, sollecitata a intervenire a favore dei rifugiati, diventi la stampella di Erdogan nel confronto con russi e siriani. Su quel confine tra Siria e Turchia Ankara può però anche giocare l’opzione dell’apertura della frontiera e garantirsi – con l’accoglienza di trenta, settanta o forse centomila prossimi arrivi – ulteriore riconoscenza e, soprattutto, ulteriori finanziamenti internazionali. Intanto quella frontiera chiusa in faccia a decine di migliaia di persone serve a creare l’inevitabile emergenza umanitaria. Un’emergenza indispensabile per portare a ebollizione l’indignazione internazionale e indurre – dopo quella della Merkel – qualche altra condanna ai danni di Putin e Assad. Tanto per far dimenticare che a iniziare l’assedio di Aleppo, affamando la sua popolazione, sono stati i ribelli jihadisti amici di Ankara nel lontano agosto 2012. (da Il Giornale)