Nel 1941 furono pubblicati tre volumi di Pierre Drieu La Rochelle: Ecrits de jeunesse (Gallimard ed.), una raccolta di vari scritti risalenti alla giovinezza, corretti e ripubblicati insieme; Notes pour comprendre le siècle (uscito sempre da Gallimard) un trattato nel quale Drieu pose al centro della propria riflessione il corpo, in un’ottica di unione con l’anima. Un allarme all’uomo europeo contro la decadenza e il richiamo a una visione centrata sulla filosofia di corpo e anima che ricorda molto da vicino la concezione greca ma si estende ad altri periodi storici: Drieu La Rochelle spiega bene come nel Medioevo esisteva un simile equilibrio fra le due componenti sottolineando che proprio con il Rinascimento questo equilibrio comiciò a vacillare.
Ne plus attendre (edito da Grasset) è una raccolta di scritti pubblicati su varie testate dallo scrittore parigino, fra il 15 novembre del 1939 e il 4 gennaio del 1941. Articoli apparsi su riviste come la Gerbe, diretta da Alphonse de Châteaubriant o la famosa e apprezzata Nouvelle revue française. In questi saggi, ora tradotti in italiano con il titolo Non si può più attendere (Clinamen editrice) lo scrittore francese ripercorreva la sconfitta della Francia contro la Germania, l’armistizio e la successiva Collaborazione. Due i dati di rilievo nell’edizione francese del 1941. Il primo era la copertina (riprodotta nell’edizione italiana) nella quale era riportata una cartina geografica della Francia dov’erano riprodotte Parigi e una linea di demarcazione fra la zona occupata dai tedeschi e quella libera, sotto il governo di Vichy. Nessun’altra città era indicata. L’altro dato di evidente rilievo, la collana della casa editrice nella quale erano stati pubblicati volumi di Doriot, fondatore del Parti populaire français, Henri de Montherlant e Georges Suarez, scrittori e politici apertamente a favore della Germania. Una decisione che collimava con un’altra realtà.
I tedeschi l’anno precedente decisero che la prestigiosa La Nouvelle revue français dovesse riprendere le pubblicazioni sotto la direzione di Drieu la Rochelle. Lo scrittore accettò l’incarico il 7 dicembre del 1940, ponendosi di fatto nel novero dei collaborazionisti. La scelta di campo era fatta. Poi, il viaggio compiuto nell’ottobre del 1941 in Germania con altri scrittori collaborazionisti francesi su invito delle autorità tedesche, confermò, se ce ne fosse stato bisogno, la posizione politica di fiancheggiamento del Terzo Reich.
Ne plus attendre (traduzione esatta Non attendere oltre) aveva lo scopo di dare un orientamento ai francesi, smarriti, sconfitti nel 1940, con la nazione invasa e incapaci di decidere che fare, parlando di cronaca ma anche di storia della Francia nel quadro di un continente, l’Europa, manifestamente piegato, secondo Drieu, sotto il peso della decadenza. La situazione dell’Europa sembrava tragica, senza speranze e lo scrittore rivendicava nel suo diario la propria responsabilità. Diceva: “Sono io che ho fatto la guerra, era la mia guerra e io ho perduto la mia guerra, personalmente. Per questo ne ho vergogna, una terribile vergogna”. Quindi, la sconfitta derivava dalla decadenza, dalla mancanza di scelte e Drieu si addossava tutte le colpe. Ecco perché il titolo del volumetto era Non attendere oltre. Era un invito ai francesi a fare una scelta di campo a favore dell’Europa e della Francia, perché le leggi della storia e della biologia non aspettano, l’interesse dei francesi, per Drieu, era di rivolgersi dalla parte della vita, di combattere per difendere i propri interessi, per contribuire a salvare la Civiltà europea.
Drieu sottolineava che i francesi avevano creduto per molto tempo che lo scontro fosse fra i popoli liberi e quelli caduti in schiavitù (elencava l’Italia, la Germania, la Spagna di Franco, la Germania) mentre lo scontro per lo scrittore parigino era fra l’oro e il lavoro, il capitale e i popoli. E questi popoli giovani (riferendosi all’Italia, alla Germania e alla Spagna), per Drieu, avevano fuso socialismo e nazionalismo. E allora giù scudisciate alla Francia imbelle, devota solo al comfort, sottolineava nei suoi scritti rimarcando la necessità di avviare la ricostruzione della Francia e la resurrezione dei francesi, richiamando grandi nomi della storia francese, da Proudhon a… Giovanna d’Arco, ricordando che quest’ultima aveva una natura gioiosa e pronta a morire per la Francia. “Si tratta di fare l’Europa” diceva con preveggenza Drieu, un’Europa politica, militare, non solo economica. Si tratta di organizzare l’Europa, di lavorare alla rivoluzione che organizzi l’Europa”. Molte sono le idee “preveggenti” di questo straordinario scrittore, come l’attacco ai “tecnici” in politica, il dilagare della visione economicista, il rilievo sempre maggiore della finanza a scapito della politica.
Si tratta di temi tipici di Drieu, alla base di tutta la sua vita, già prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale. Un grande peccato che a un libro così indicativo dell’ideologia e della critica politica di Drieu non sia stato premesso uno studio che collocasse lo scrittore nel suo tempo e nel clima culturale dell’epoca lasciando spazio invece a un discorso generico e non sempre aderente al libro che di intende presentare. Il curatore, Giuseppe Panella, ha scritto diciotto pagine, con il titolo Estetica del collaborazionismo. Drieu La Rochelle, Céline e gli altri “cani di paglia” , non sempre chiare, mescolando collaborazionisti come Drieu e non collaborazionisti come Céline, ponendosi domande strane, come quella sul perché l’eroe della battaglia di Verdun, Pétain, accettò di divenire presidente della Repubblica di Vichy, come mai un celebre scrittore come Céline divenisse antisemita o come mai un bravo scrittore come Drieu addirittura collaborazionista? Per ridurre tutto alla volontà di uno “scontro fisico” con gli intellettuali nemici dopo tante battaglie di inchiostro sui giornali.
Un po’ poco. Eppure negli ultimi decenni molti studiosi hanno fornito risposte e spiegazioni in centinaia e centinaia di pagine: da Renzo De Felice, massimo storico del fascismo, a Tarmo Kunnas, autore di notevoli lavori sui fascismi europei, da Paul Sérant, autore di un classico su Drieu La Rochelle e altri scrittori collaborazionisti a tanti altri. Panella cita uno studioso serio e interessante, Maurizio Serra, del quale richiama solo il volume La ferita della modernità sul rapporto fra intellettuali e totalitarismo ma non prende in esame (e quindi pare non conoscere) gli altri due libri di Serra che hanno le risposte complete a quegli interrogativi: La Francia di Vichy (Le Lettere editrice) e Fratelli separati (Sette colori edizioni). Fra le quali, come tanti storici e politologi hanno spiegato, la comprensione che l’esito della seconda guerra mondiale non sarebbe stato quello di una qualunque guerra, magari scatenata solo per mere rivendicazioni territoriali, ma la definitiva fine di un mondo, l’avvento della supremazia Usa e del comunismo russo-sovietico, la fine, pertanto, della civiltà europea; la sottomissione dei vari Paesi europei al nuovo ordine mondiale e al suo scacchiere geopolitico. Ancora: l’urgenza di porre un freno alla decadenza europea e la necessità di creare una potenza continentale europea e non continuare a far vivere un continente con potenze coloniali contrapposte, ecc.
Insomma, un’occasione persa dalla casa editrice Clinamen, che ha pubblicato un libro interessante, mai edito in italiano, senza però un inquadramento storico-culturale e politico utile per meglio collocare Ne plus attendre nell’ambito del rapporto “intellettuali francesi e fascismo”. E fornire ai lettori le spiegazioni sulla genesi di quel libro.
(Drieu La Rochelle, Non si può più attendere, Clinamen editrice, pagg. 80, euro 12,90; ordini: www.clinamen.it)