All’università, in una sua lezione, un professore ripete,“Jünger è un pessimista! Gli si può imputare una visione fosca della realtà.” Gli studenti, un po’ impacciati, ascoltano in silenzio. Ma, dopo un po’, un ragazzo del corso di Lettere risponde al docente, “Uno scrittore non ha gli occhi dell’uomo di scienza. Egli ha il cuore del suo tempo.” Ha ragione quel ragazzo, forse ha letto Jünger, “All’uomo non è concesso di osservare la propria epoca con gli occhi dell’archeologo.” A noi invece è concesso il tornare sulle pagine jüngeriane con gli occhi liberi, lettori affamati di idee, giacché sappiamo che la morte delle idee è un gioco strano di chi si accontenta di questa realtà.
Chi è il lettore di Jünger nel nostro tempo, allora? È il cercante saldezze mentre intorno la vita liquida trionfa. Il lettore jüngeriano comprende che i corsi universitari o i manuali di letteratura occultano un universo di teorie e di atmosfere di una cultura immensa. Naturalmente, il lettore sa che i sistemi ideologici sono esauriti, così gli istinti tornano “la sola e unica cosa sacra e la ragione ultima”, come scrive Jünger. Però, la domanda ritorna: chi è il lettore di Jünger oggi? La risposta è un consiglio. Il lettore metta le mani nella sua biblioteca e riprenda il ‘Trattato del ribelle’, opera del 1951. Ecco sta sfogliando le prime cinquanta pagine del saggio. Ecco, sotto i suoi occhi, un prontuario per capire la crisi della politica, per scoprire che “ancora non è chiaro a tutti fino a che punto la scheda elettorale si è trasformata in questionario.” Ieri come oggi, il voto è un questionario, un atto senz’anima.
‘Il Trattato…’ è odiernissimo. Nelle sue pagine è scritto che la formazione delle liste elettorali dovrebbe essere il vero confronto democratico. Ma Jünger insiste, vuole spiegare i criteri che formano le liste elettorali, “A che pro scegliere, infatti, se la situazione non consente la scelta.” Leggere il ‘Trattato…’ per far nascere domande attuali: chi parla in nome della libertà mentre i candidati sono scelti dalle mafie politiche? Non è questa la libertà, questa è la jüngeriana “illusione della libertà” già denunciata nel lontano 1951. Di sicuro, in un’Italia di libertà contraddittorie, in un paese governato da chi non è stato eletto, è il momento di leggere Jünger nelle sedi dei movimenti, tra la gente.
Il lettore jüngeriano non è mai rassegnato. Il tutto filosofico è per lui trasformazione. Perché un gregge di pecore potrebbe un giorno divenire un branco di lupi, “E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco.” Il lettore, radicale e romantico, rammenta che il pensiero alimenta la trasformazione. Per tale ragione, egli rifiuta quella letteratura che è divertissement, che è solo retorica artistica.
Ripetiamolo, il lettore/ribelle jüngeriano ha “un profondo, nativo rapporto con la libertà.” Ed è il momento di raccontare la libertà, perché c’è “da imporre un ordine al caos”, quel caos che annulla ogni libertà. ‘Sulle scogliere di marmo’ del 1939, i distruttori saccheggiano le libertà di un popolo, alitano sulle paure, mentre si avvicinano alle case. Il lettore può leggere che la paura trionfa, in un romanzo come nella realtà, “La paura è uno dei sintomi del nostro tempo”, Jünger lo scrive con le parole del maestro, con la voce che offre i giusti precetti. È questo senso si ammira nel ‘Trattato…’ in cui è scritto che il primo ordine è il dover costringere la paura al dialogo, è il guardare negli occhi la paura.
Il soldato, lo scrittore, il viaggiatore Ernst insegna che abbiamo sbagliato. E la lettura di Jünger è come guardare nello specchio degli errori occidentali. Per questo, sappiamo che in libreria ci sarà sempre una stampa del ‘Trattato…’. Quest’anno la casa editrice Adelphi propone la diciannovesima edizione del famoso saggio, con la classica traduzione di F. Bovoli. Così ci saranno sempre nuovi lettori jüngeriani, nuovi scopritori del ribelle. Ora un’altra domanda si presenta: chi è il ribelle in questa società opulenta? Non è più colui che conduce la guerriglia “lungo i binari e le vie di rifornimento, minaccia ponti, cavi e depositi”. Jünger, mentre ragiona sulle tattiche di guerra, tuttavia, sta suggerendo all’anima di imparare a resistere, a combattere, a sperare; così suggerisce che in ogni vita “vive l’originaria volontà di resistenza.”