La prima guerra mondiale e le battaglie in montagna
La prima guerra mondiale fu la “prima guerra di materiali”, con l’introduzione di nuove armi e con l’impiego dell’Aeronautica militare che ebbe un ruolo inedito e determinante nel conflitto. Un conflitto combattuto, per quanto riguardo l’Esercito, soprattutto in montagna, con alpini sulle Dolomiti e sui ghiacciai, le masse umane sugli altipiani, l’attesa ovunque fosse necessario individuare le mosse del nemico. Sull’Adamello, sulla Marmolada, sulle Dolomiti, dove d’inverno precedentemente l’alta borghesia andava a sciare e a praticare l’alpinismo, decine di migliaia di soldati dovevano arrivarvi trasportando un numero enorme di animali, armi, affusti, materiali. E in quota costruire alloggiamenti, trincee, per una guerra di posizione che durò tre anni. Gli assalti, i bombardamenti, gli attacchi all’arma bianca, la decimazione dei soldati in prima linea erano aspetti della quotidianità. Lo storico Diego Leoni ricostruisce questa realtà d’eccezione (La guerra verticale, Einaudi ed., pagg. 552, euro 36.00) spiegando anche la necessità dei soldati di convivere in un ambiente difficile, di imparare a conoscere lo spazio alpino per poter sopravvivere.
Le campagne contro la Dacia e le conquiste di Roma
L’imperatore Traiano, nel 101-102 e 105-106 dopo Cristo compì due campagne militari contro la Dacia (più o meno l’attuale Romania) e la romanizzò completamente incidendo profondamente dal punto di vista politico, sociale, economico e anche linguistico se si pensa che il romeno è una lingua neolatina e la Romania è una sorta di enclave latina in un’area slava. Lo Stato dacico scomparve e quella fu l’ultima conquista duratura per i romani (165 anni). Nonostante fu una delle più giovani province, la Dacia è ricca di vestigia daco-romane, monumenti, reperti, iscrizioni oltre a essere stata per l’impero romano importante sia per le ricchezze e sia per la posizione strategica. La colonna traiana narra la storia della conquista in un lungo fregio a bassorilievo a spirale nella quale sono narrati i principali momenti delle guerre. Sebbene come fonte storica viene considerata secondo due visioni differenti: per alcuni è assolutanente affidabile, per altri storici contiene alcuni aspetti propagandistici per Traiano. Livio Zerbini, docente all’ateneo ferrarese, ha scritto un libro sulle due campagne (Le guerre daiche, il Mulino ed., pagg. 150, euro 14,00).
Il perseguitato Mons. Falconi e l’unità d’Italia al Sud
Quando con l’Unità d’Italia il Regno delle Due Sicilie fu annesso allo Stato italiano sotto l’egida sabauda, la Chiesa cattolica, che aveva avuto aiuti e agevolazioni da Napoli, subì delle ritorsioni dai piemontesi almeno fin quando non furono raggiunti chiari equilibri con le nuove istituzioni. La Chiesa si riorganizzò, quindi, e cercò di alleviare i problemi dei ceti poveri le cui condizioni si erano aggravate subito dopo l’Unità. Così, molti sacerdoti, fra questi alcuni poi divenuti santi (santa Caterina Volpicelli, San Ludovico da Casoria, il beato Bartolo Longo ecc.), si impegnarono nel sociale. Ma in quel marasma che si visse almeno nei primi tempi, l’arciprete di Acquaviva e Altamura, monsignor Giandomenico Falconi, apertamente si schierò contro i Savoia e fu perseguitato ed esiliato. Luciano Rotolo, un sacerdote studioso delle vicende storiche italiane, ripercorre la storia di Giandomenico Falconi, una vita di grande coraggio contro l’inerzia e il rifiuto dell’omologazione (La vicenda di mons. Giandomenico Falconi, Viverein ed., pagg. 119, euro 10.00; per ordini: www.edizioniviverein.it).