Un piccolo manuale che riconcilia con le culture non allineate e offre una chiave per approcciarsi ai potenziali conflitti dialettici immuni da tentazioni totalitarie e fanatismi. Modernizzare stanca (pp. 173, euro 12, il Mulino) di Franco Cassano è una raccolta di articoli che il sociologo barese ha pubblicato sulle colonne del quotidiano Avvenire e su l’Unità oltre dieci anni fa.
Si tratta di un saggio (la casa editrice bolognese lo ha rilanciato nella collana “Biblioteca paperbacks”) divenuto un classico, un punto di partenza nella ricerca di un orizzonte non economicista e materialista. L’autore, superate le colonne d’Ercole del marxismo alla fine degli anni Ottanta, non si è arenato sui comodi lidi dell’ideologismo antiliberale e si spinto fino a una riscoperta dell’austerità come “forma diversa della ricchezza” e ad auspicare un ritorno alla tradizione, intesa non in senso nostalgico, ma come “libertà che si prende per mano con la dignità”.
I testi, brevi e pieni di richiami al vissuto quotidiano, rappresentano fascinazioni eminentemente politiche, richiami a una tensione ideale che va perdendosi nello spazio pubblico. Il monito di Cassano è volto a evitare che la “gestione”, la prassi istituzionale e il burocratismo possano disumanizzare le classi dirigenti. Da qui l’invito a uscire dai Palazzi e a contaminarsi con la realtà che scorre distante dai riti delle nomenclature. «Gli uomini che hanno potere – scrive il pensatore meridionalista – dovrebbero scendere dalle auto blindate e iniziare a passeggiare. Una passeggiata vuol dire essere restituiti alla strada e alla nudità casuale delle persone, guardare gli alberi, i palazzi o il mare, inseguire pensieri spesso splendidamente banali. Passeggiare vuol dire avere un cane per amico, oppure un amico libero come un cane, con cui parlare di tutto, uno che ti ascolta e ha voglia di perdere tempo con te. (…) Passeggiare è commentare i titoli dei giornali con uno che non conosci, indicare la strada a un passante, ricordarsi di comprare qualcosa prima di tornare».
Forte è l’opposizione al pensiero unico occidentalista, fonte di nuovi pericolosi manicheismi: «Le risposte più equilibrate alle sfide del futuro – auspica Cassano – non verranno dall’esportazione illimitata e distruttiva dell’occidente, ma dall’equilibrio tra il suo contributo e quello delle culture del sud e dell’est».
Non ci sono utopie incapacitanti nelle pagine di Modernizzare stanca e nemmeno pulsioni meramente anticapitaliste. La rotta indicata punta alla riscoperta del “peso” delle tradizioni come antitesi alla leggerezza del produttivismo. Emerge così la sintonia tra la speculazione del filosofo pugliese e le irradiazioni di Jean Cau, autore di un prezioso Elogio sconveniente del pesante: «Oramai – argomenta lo scrittore francese _ tutto fluttua: amore, amicizia, dovere, Crickett, rasoi, piume, politica e presto inventeremo anche i sacchetti della spazzatura dove, leggeri, getteremo idee e cuori. Vedete: tutto, politica compresa, si svolge in tv; (…) si spegne, si accende, si salta da un canale all’atro, il politico scompare sostituito dal gangster, dalla ragazza che si contorce senza veli, sostituita dai bambini scheletri che muoiono di fame…».
Cassano infine ipotizza che «la macchina della politica abbia in dotazione i freni. Il politico migliore è quello che avverte sia la connessione sia la contrapposizione tra i fini e i mezzi e che, essendo dotato di misura, è in grado di premere il pedale del freno e talvolta di arrestare la macchina». L’alternativa al titanismo, per il sociologo de Il pensiero meridiano, passa dalla narrazione della politica come formula di riscatto della polis, dal realismo di chi si sa mettere in discussione.