Checco Zalone è il nuovo Carmelo Bene. Schivare Sanremo, per come ha fatto il faro di Quo vado? vale per il senso e anche per il significato: è come il fare pipì a scena aperta. L’atteggiamento giusto, insomma, per tenere alto il canone dell’arte. Il grande salentino e la scena resta negli annali del mito di CB a suo tempo, fece acqua in testa ai critici seduti in poltrona. Con uno scatto di zip volle spruzzare tutto il disappunto del genio addosso all’aura mediocritas. Il comico di Bari, oggi, spiegando il no «sarebbe alto il mio cachet e quelli del Festival sono soldi pubblici», bagna di scolorina, per metterla a nudo, la veneranda testa di Roberto Benigni. E ha ragione Tony Damascelli un altro pugliese, lo ha scritto su Il Giornale a sottolineare la differenza di sensibilità tra i due beniamini del pubblico. Benigni, che assai costa, a Sanremo celebra immancabilmente per se stesso il Te Deum.
Benigni, il denaro del servizio pubblico Rai, va da sé, volentieri se lo prende. E Checco, allora, rispetto al furbastro toscano ci fa un figurone perché, appunto, non fa il comunista e non tritura i cabasisi con l’impegno, la Costituzione, i Comandamenti e tutte le maiuscole dell’Etica. Checco discende, dunque, da Carmelo Bene. Fosse pure per incontinenza di genio. E Benigni tanto è l’asola, tanto quanto è il bottone nell’immaginario italiota è solo un tartuffe, nel senso di Molière ovviamente. E se serve ancora un argomento a conferma, eccolo: il Papa, sempre attento allo Spirito del Tempo, per presentare il proprio libro ha chiamato Benigni. A Zalone, che pure è Zalone, non gli ha ancora telefonato. Il senso e il significato: è proprio troppo alto il canone. (dal Sole24Ore)