La Ue forse è già morta, ma ancora non lo sa. Comunque avrà tempo per iniziare ad accorgersene dopo il summit di febbraio. Stando a quanto si sussurra a Bruxelles l’appuntamento del prossimo mese sarà cruciale per decidere se continuare ad assistere all’arrivo di centinaia di migliaia di profughi fuori controllo o se procedere con la sospensione del Trattato di Schengen e la successiva chiusura delle frontiere. A febbraio rischia di dissolversi l’ ultima percezione visibile, assieme all’euro, di un continente politicamente unito. E ad aggiungere botta su botta arriverà pure la lacerante questione, già ora all’ordine del giorno, di una possibile uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Quanto basta per trasformare l’appuntamento in un terremoto devastante, in grado di produrre ripercussioni sulle borse e sui cambi innescando il successivo affossamento dell’euro. La decisione, ispirata da una Angela Merkel ormai completamente incapace di affrontare l’invasione dei migranti da lei stessa provocata, verrebbe attuata chiedendo l’applicazione per un periodo dai sei mesi ai due anni dell’articolo 26 delle regole di Schengen. Un articolo che prevede il ritorno ai controlli di frontiera qualora vengano registrate «serie e persistenti minacce» ai valichi d’accesso dell’Europa. Esattamente quello che accade, dalla scorsa estate, alla frontiera greco turca.Lì vuoi per gli oltre 700mila migranti penetrati dalla Turchia, vuoi per la scarsa predisposizione a collaborare con una Ue – percepita ormai come una matrigna affamatrice – le autorità di Atene lasciano via libera alle masse in movimento sulla rotta balcanica. Applicando l’articolo 26 le altre nazioni europee si chiuderebbero a riccio lasciando Atene a gestirsi da sola anche la maledizione dei profughi. E la Merkel sgravata dal problema potrebbe affrontare a cuor più leggero le tre elezioni regionali del 13 marzo che rischiano di trasformarsi nelle forche caudine della Cancelliera. La richiesta di sospensione era già stata prospettata dalla presidenza di turno lussemburghese lo scorso dicembre. «Le soluzioni semplici sono già esaurite, quelle rimaste sono dolorose e richiedono di rompere i tabù», sottolineavano già allora i funzionari europei. L’ipotesi di un summit drammatico e gravido di conseguenze viene evocato anche dal presidente della Commissione Jean Claude Juncker, che solo pochi giorni fa aveva detto «se muore Schengen muore l’Europa». «Avremmo potuto fare progressi se ci fossimo attenuti a quello che è stato deciso – ha sottolineato ieri – le misure necessarie sono state proposte dalla Commissione e sostenute dal Parlamento, ma è stato fatto poco… Altrimenti non saremmo in questa situazione». (da Il Giornale)