Giovani e politica, un rapporto in crisi. La rottura, fino a poco tempo fa solo una percezione di chi è attento alle dinamiche sociali, è stata certificata da un’indagine portata avanti dagli istituti di ricerca Demos e LaPolis. La fiducia nei partiti politici è a livelli bassissimi (poco più del 4% tra i ‘giovani adulti’, cittadini tra i 25 e i 34 anni) ed anche il Parlamento non gode, certo, di ampio consenso (solo un punticino percentuale in più).
Cosa fare per invertire la rotta è domanda complessa alla quale i politici italiani sembrano non riuscire a rispondere, soprattutto dopo aver visto il tragicomico percorso che ha portato alla ri-elezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica italiana. Una sfiducia nelle istituzioni che sfiora la totalità della gioventù è, però, un problema da affrontare subito perché il rischio è minare la solidità delle istituzioni repubblicane che, un giorno, saranno rette proprio da questi ragazzi diventati grandi.
Giusto un settennato fa, quando Re Giorgio fu scelto dal Parlamento per il suo primo mandato, i numeri raccontavano una realtà diversa. Nel 2006 la fiducia nel Parlamento superava il 30% nella fascia 15-24 anni e si fermava al 21% tra i giovani adulti (25-34 anni). I partiti, anche, godevano di maggiore stima, tra giovani e giovanissimi, e il loro livello di fiducia oscillava tra il 20 e il 12 per cento. Percentuali che parlano chiaro e che dimostrano come i numeri di oggi siano una novità assoluta. Sarebbe troppo facile, adesso, scaricare le colpe su una generazione disattenta e incantata dalla televisione o, chissà, dai social network; il problema è tutto politico, anzi è tutto in una classe politica che bisticcia, si accorda e illude senza riuscire a vivere nella contemporaneità.
I partiti, vanga in mano, scavano la loro fossa e presto rischiano l’estinzione. Più di un giovane italiano su due crede che la democrazia possa funzionare senza l’intermediazione dei partiti politici e, infatti, il 45% dei giovani adulti – a fine febbraio – ha scelto di votare per manifestare la sua volontà di protesta. Beppe Grillo sguazza in questo mare di giovani incazzati, mentre tutti gli altri rimangono immobili e increduli. Lontani dalla politica, i ragazzi italiani non abbandonano, però, l’impegno sociale e i numeri, questa volta, raccontano una bella favola: quasi uno su due ha partecipato attivamente a manifestazioni per la salvaguardia dell’ambiente nell’ultimo anno e ben il 45% dei giovani adulti è regolarmente coinvolto in attività di volontariato. Non solo: secondo Demos, l’indice di partecipazione dei giovani italiani a manifestazioni politiche – nel suo più profondo senso etimologico – è decisamente superiore alla media nazionale.
Per ridare vigore alle istituzioni è indispensabile un cambio di rotta. Un Parlamento che ha, sostanzialmente, lo stesso livello di fiducia dei singoli partiti politici è l’emblema della distanza siderale, che non accenna a diminuire, tra istituzioni e realtà. Fare un passo indietro e riportare la politica al centro del dibattito sociale può non bastare perché i ragazzi vedono le loro vite all’estero, lontano dall’Italia. Il 79% dei giovanissimi sogna di lasciare il Paese e questo, al netto dell’esterofilia, è il dato più preoccupante. E allora ci si aspetta uno scatto di reni della classe politica italiana che, invece, sembra proprio intenzionata a continuare sulla propria strada, brancolando nel buio. Quasi sessanta giorni senza governo sono troppi anche per un ventenne che vive veloce e che ha capacità di problem solving migliori di quelle dei leader politici. Se a questo si aggiunge il teatrino che ha portato all’elezione di Napolitano il quadro a tinte fosche è pronto per essere esposto al pubblico ludibrio.
Per dare un tocco di colore alla vita istituzionale dell’Italia non basterà nemmeno cambiare i nomi sulle schede elettorali, quello che serve è un radicale cambio di prospettiva che ruoti attorno alle idee per il futuro. Nel 2006 tre giovani su cinque votarono per appartenenza; nel 2013 il dato è crollato di venti punti percentuali perché giovani e giovanissimi, adesso, non si sentono più parte di una comunità. Soluzioni sul piatto della politica non ci sono e, tra bluff e rilanci, la partita sembra destinata a finire senza alcun vincitore. Gli sconfitti, invece, li conoscono tutti: sono i figli che erediteranno tutte le colpe dei padri.
@mchicco