Dopo la sceneggiata del premier Matteo Renzi che aveva accusato la Germania di doppiopesismo nella vicenda delle forniture di gas dalla Russia, il governo italiano ha capito di aver perso la partita dei principi e ha deciso di giocare la partita degli affari. Così, accantonato il progetto del South Stream che avrebbe visto l’Italia in un ruolo strategico di coordinamento con grandi benefici economici, Renzi sta ora puntando sulla partecipazione di qualche impresa italiana alla realizzazione del raddoppio del gasdotto del Nord, quello che collegherà Russia e Germania e che si affiancherà al precedente che attraversa i mari del Nord.
Un’opera che, secondo il premier italiano, era sbagliata perché aumentava la dipendenza europea dal gas russo. In totale contrasto con la decisione dell’Europa che aveva bocciato, per questi stessi motivi, la realizzazione del gasdotto nel Sud del Vecchio Continente. Dunque se l’opera avesse fatto capo all’Italia, avrebbe rappresentato un’offesa all’Ucraina, tagliandola fuori dal gas russo. Ma se viene realizzata con Berlino come capofila, allora l’Ucraina non ha alcun valore.
E le sanzioni contro Mosca? Forse finite su “Scherzi a parte”. La Germania voleva fortemente il raddoppio e, per non avere troppi problemi, il nuovo gasdotto sarà realizzato da una società mista con i russi al 50% mentre l’altro 50% è suddiviso tra Germania, Olanda, Francia e Austria. Ora si tratterà di capire se l’Italia potrà entrare nel capitale, con una quota ceduta da uno degli altri partner, o se dovrà accontentarsi di qualche contratto di subfornitura per le aziende del nostro Paese che, val la pena di ricordare, sono all’avanguardia mondiale in questo settore.
Ma se, dal punto di vista economico, la retromarcia di Renzi garantirà delle ricadute positive per l’Italia, sul piano politico internazionale potrebbe andare meno bene. Perché quando il premier aveva accusato la Merkel di doppiopesismo, l’Italia aveva ottenuto il plauso dei Paesi europei “minori”, che si sentono oppressi e penalizzati dall’asse Berlino-Parigi. Ora il tentativo di partecipare alla torta del Nord Stream pone l’Italia lontano dai “piccoli” e colloca Roma nell’ambito dell’accordo franco-tedesco, ma in una posizione per nulla paritaria.