Manco l’Africa vuole gli jihadisti. E, seguendo un ragionamento – contenuto in una provocazione in uno stile ruvido a metà tra Trump e Grillo – che forse del tutto sbagliato non è, forse c’hanno pure ragione.
Partire dall’inizio bisogna, per comprendere cosa sta accadendo dall’altro lato del Mediterraneo. In Algeria c’è un signore che si chiama Rachid Nekkaz, di professione fa l’imprenditore e presiede il partito politico del Mjic, il Movimento per la Gioventù e per il Cambiamento. Prima di ciò, però, Nekkaz è salito alla ribalta della cronaca per essersi proposto come papabile candidato alle elezioni presidenziali di Francia nel 2007, e per aver offerto – all’indomani dell’attacco patito da Parigi a gennaio – di rilevare il 51% delle azioni di Charlie Hebdo. Nekkaz, nato in Francia nel distretto di Parigi, si racconta come un uomo che s’è fatto da sè. Ha di fatto rinunciato ad essere cittadino della République nell’agosto del 2013 e ora si fa alfiere dell’emancipazione dell’Algeria da quella che fu la “madrepatria”. È diventato famoso nel Nordafrica per le lunghe maratone (di protesta) a piedi nel deserto e tra i villaggi sperduti.
È accaduto, a dicembre, che alcuni membri dell’esecutivo francese capitanato da François Hollande facessero visita al Paese maghrebino. In quell’occasione Nekkaz ha affermato: “L’Algeria deve ritirare la cittadinanza algerina a quei terroristi con doppio passaporto nati in Francia nel caso in cui Parigi approvi le modifiche alla costituzione in tal senso, nel nome del principio della reciprocità. Sia chiaro che l’Algeria non accetterà mai di essere la pattumiera di quei cittadini francesi, nati in Francia, educati in Francia e allevati al biberon dei valori della Repubblica Francese e poi fatalmente rigettati dalla stessa Francia. Parigi dovrà assumersi la responsabilità di tutti i suoi figli, che si chiamino Zidane, Benzema, Merah o Kouachi. Tanto il meglio quanto il peggio”.
@barbadilloit