L’annuncio della morte di Lemmy Kilmister ha fatto irruzione pochi giorni dopo Natale, lasciando un po’ di vuoto in tutti gli estimatori di rock e metal, generi musicali cui Lemmy aveva dato moltissimo, in termini artistici ed iconografici.
Morto per un tumore fulminante dopo quarant’anni di servizio, innumerevoli concerti e album rimasti nella storia, il fondatore e personaggio carismatico dei Motorhead, al di là della grandezza artistica, aveva un carisma fuori dal comune e uno stile che lo aveva reso un’icona popolare, così come la band era uno dei simboli dell’hard rock.
Lemmy e i suoi eccessi, i suoi baffi ottocenteschi e il cappello da cow boy. La croce di ferro sul petto. La voce inconfondibile. Il microfono posizionato verso il basso, in modo che lui potesse cantare sempre a testa alta. Una presenza scenica che ha fatto scuola. Si pensi che nel 1979 i Motorhead si fecero costruire un impianto di illuminazione mastodontico per i loro concerti, a forma di bombardiere tedesco, che produceva un effetto scenico pazzesco. E molto altro, in un vortice di anticonformismo che non faceva altro che accrescerne la grandezza.
Lemmy dunque è morto a 70 anni, mentre passava una giornata in famiglia. I problemi di salute duravano già da qualche tempo, tanto che alcuni concerti erano stati annullati. I fan pensavano a problemi di età, però c’era di mezzo un tumore fulminante che non ha lasciato scampo. La band ha scritto su facebook di onorare la memoria di questo grande artista ascoltando la sua musica e bevendo un drink. Come avrebbe voluto lui.
“Born to lose, lived to win”.