La 66^ Edizione del Festival di Berlino (11-21 febbraio 2016) sarà incentrata sul tema dei rifugiati. Questo quanto si evince da un commento del Direttore artistico del Berlinale Dieter Kosslick, pubblicato sul sito dell’evento.
“Sin dalle sue origini, nel 1951 – spiega Kosslick – il Festival ha vissuto esperienze positive con quella che oggi è chiamata “cultura dell’accoglienza”. Inoltre, il Berlinale non esisterebbe se non fosse per gli “stranieri”. Gli undici giorni di Festival, a Potsdamer Platz, dimostreranno come la diversità può essere chiave per celebrare un evento tranquillo con grandi energia e verve“.
Free ticket Che i rifugiati possano essere il main theme della 66^ Edizione, Kosslick lo spiega poco dopo: “Nel DNA della Berlinale c’è l’idea di offrire a registi e ad artisti una piattaforma per esplorare problemi sociali. Al momento stiamo valutando l’opportunità di aprire contatti con le organizzazioni dei rifugiati, a questi ultimi potrebbero andare biglietti d’ingresso gratuiti, anche se la cosa non è sufficiente. Che tipo di dibattito potremmo intavolare per affrontare e capire i loro problemi?”
Cinema e diplomazia Secondo Dieter Kosslick, il cinema riveste un ruolo importante per sensibilizzare l’opinione pubblica su problemi sociali come, appunto, l’ondata di profughi che ormai da mesi preme lungo le frontiere dell’Unione. Problema, questo, che secondo il direttore artistico andrebbe risolto “attraverso la diplomazia, (strumento, nda) che può mettere fine alla follia che costringe le persone a lasciare la propria terra. Inoltre, dobbiamo combattere la fame e ridurre il divario fra ricchi e poveri, anche nel nostro paese”.
Ossis Nel corso del suo intervento Kosslick fa riferimento anche ai territori della Germania orientale che, aggiungiamo noi, ventisei anni dopo la caduta del Muro soffrono ancora la depressione economica e il disagio sociale. In alcune ex città della DDR, come Potsdam, negli ultimi tempi si è assistito ad una crescita del fenomeno dell’Ostalghia, ovvero della nostalgia dell’est. In un servizio dell’agosto scorso, ad esempio, Affari italiani ha parlato (e raccontato tramite immagini) delle parate in stile Libera Gioventù Tedesca, vale a dire l’organizzazione giovanile che meno di trent’anni fa celebrava Erich Hoenecker e il socialismo reale. Tendenza? Moda? Neanche a parlarne: a guardare indietro sono milioni di tedeschi, rimasti delusi da una “Riunificazione” che ha prodotto un divario in termini salariali, di assistenza medica e di qualità della vita fra “wessi” (Germania occidentale) e “ossis” (Germania orientale).
Poca sensibilità Degli Ossis Kosslick non parla o, almeno, non lo fa nella nota. Il 23 dicembre, il Direttore artistico ha rimarcato l’impegno del suo Festival ad occuparsi della questione rifugiati in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico Middle East Online:
“Voglio dire che la Signora Merkel ha fatto un buon lavoro con la politica sui rifugiati (…) Abbiamo (noi tedeschi, nda) una responsabilità storica qui“.
La responsabilità è quella del passato nazista della Germania che, secondo il Direttore, peserebbe ancora molto sui cittadini tedeschi. Ecco allora il perché occuparsi, durante tutto il Berlinale, di chi fugge da guerra e fame. Peccato che, come spesso accade in Occidente, si tenda a commuoversi per una storia lontana migliaia di chilometri e non ci si accorga delle centinaia di storie tristi a due passi da noi. Sì, perché sapere che parte della popolazione dell’UE (purtroppo non soltanto della Germania) sia nostalgica del Blocco orientale è tutto fuorché qualcosa di allegro. Se, a un quarto di secolo, si rimpiangono i tempi del Muro, vuol dire che nell’Europa che guarda ai disagi dei profughi e degli immigrati, c’è una evidente cecità verso quei i disagi che attanagliano la quotidianità di milioni di cittadini dimenticati, forse, perché fanno poca notizia o, in questo caso, sono presentabili… solo “fuori concorso”.