Doverosa premessa: nell’articolo non sono presenti anticipazioni sulla trama.
La Forza dunque si è risvegliata e Star Wars è tornata sugli schermi per riprendere in mano una storia ferma ormai da decenni. Per chi si aspettava una delusione cocente, derivante dalla trilogia uscita qualche anno fa, questo film rappresenta invece una bella sorpresa. Non è certo un film da premio oscar, ma il regista, JJ Abrams, riesce a prendere gli ingredienti della saga storica e a impastarli, in modo da servire un buon sequel. Tutto il film strizza l’occhio ai fan, con molte citazioni e scene che ricalcano quelle viste più di trent’anni fa. Viene recuperato anche l’elemento auto ironico e in alcuni casi comico, che era stato perso per strada, assieme agli scenari tipici da periferia galattica che avevano impreziosita la prima saga. Riscopriamo nel settimo episodio quella tecnologia scassata e tenuta in piedi con lo scotch, i villaggi isolati nei deserti, gli abiti straccioneschi, le bettole border line. L’immaginario tipico insomma, assente nel prequel che, a parte i nomi di qualche personaggio, non si allacciava granché con l’universo originario di Star Wars.
Nel Risveglio della Forza invece l’operazione ricucitura è andata pienamente a buon fine.
Potremmo quasi dire che l’intento del regista sia stato quello di creare un episodio ponte fra la tradizione di Guerre Stellari e la nuova avventura che si appresterà a narrare nei prossimi film. Un risveglio non solo della forza, ma di un immaginario, di sentimenti che solo quell’universo narrativo riesce a trasmettere. Quando parliamo di Star Wars infatti non stiamo parlando di una semplice storia, ma di qualcosa che va oltre. Secondo Gianfranco de Turris, ciò che ha fatto di questa storia un successo che va oltre il tempo e lo spazio, è la sua essenza favolistica, quell’elemento che in un modo o nell’altro soddisfa il desiderio di soprannaturale del materialista uomo moderno. “Il segreto del successo duraturo di Guerre Stellari si può sintetizzare in una sola e semplice parola: è una favola, ancorché in chiave fantascientifica, cioè tecnologica”, spiega De Turris che poi aggiunge “Campbell affermò perentoriamente che “la tecnica non ci potrà salvare” e propugnava un rafforzamento dell’Io in una società che tende ad appiattirlo, “normalizzarlo” e al limite frantumarlo. La presa di coscienza di sé, dei propri valori e delle proprie possibilità è un modo per sopravvivere all’onnipotenza del mondo moderno e tecnologico, quello di oggi come quello di domani. Il mito può operare ancora e ancora produrre i suoi effetti benefici attraverso particolari figure archetipiche, come ad esempio può essere l’ “eroe” o il magister”.
Argomentazioni ben note agli appassionati di fantasy e soprattutto di Tolkien, che vengono riproposte in una chiave nuova. In un mondo con tecnologia futuristica, a farla da padrona è sempre l’insondabile Forza, padroneggiata solo da una piccola casta di eletti.
D’altronde Guerre Stellari non è un vero e proprio film di fantascienza, ma è molto spostato verso il fantasy, comprendendo elementi tipici di quel genere. La Forza in primis, ma anche la chiamata dell’Eroe e il viaggio di formazione iniziatico.
Anche nell’episodio VII questi elementi ci sono, con buona pace di George Lucas, che dopo aver venduto i diritti della sua opera sta correndo in lungo e in largo a dire che la nuova produzione Disney non gli piace, ma a noi non piaceva la sua produzione degli episodi I, II e III, quindi si può anche dire che siamo pari.
L’unica pecca disneyana, che speriamo venga sanata nei prossimi episodi, è la definizione dei cattivi. Darth Vader e l’Imperatore erano veramente orribili e bastardissimi, quello di questo film è un po’ troppo tormentato e alla fin fine non è davvero cattivo. Speriamo che ci venga risparmiato il finale mieloso alla tarallucci e vino nel terzo film e, soprattutto, che gli ufficiali incapaci vengano puniti a dovere come faceva il buon vecchio Darth. Il personaggio femminile invece è un po’ mutuato da Hunger Games, ma attendiamo il suo sviluppo prima di lamentarci.
Per il resto, possiamo ben dire buona la prima.