Roby (Roberto) Guerra torna alle origini. Dopo le numerose iniziative editoriali e massmediatiche intraprese negli ultimi anni, incentratesi sulla promozione di un’aggregazione culturale e politica nuova, diretta a superare l’impasse che blocca ormai da troppo tempo la nostra civiltà, assistiamo a un ritorno del neofuturista ferrarese alla sua vocazione originaria, quella di poeta.
Il 2015 segna infatti un trentesimo anniversario ideale della carriera poetica dell’autore, che ha deciso di celebrare l’occasione attraverso la pubblicazione di un ebook edito da La Carmelina e intitolato Fiori della Scienza XXX (http://www.ebook.it/S//Roby_Guerra/Letteratura/PDF/Fiori_della_Scienza_XXX.html). Il testo raccoglie l’intera opera poetica di Guerra, a partire dal 1985, e una chicca inedita, Lotta amata x il futurismo. Figli di internet, un agguerrito componimento del 2015.
Del volume, incentrato su un recupero delle tematiche e degli stilemi futuristi all’interno di un paroliberismo dinamico, percorso da suggestioni scientifiche e 2.0, abbiamo discusso con l’autore.
Il Futurismo, nonostante la ricezione talvolta contraddittoria, stretta tra faziosità politicamente corretta e normalizzazione del rivoluzionario messaggio avanguardistico, è ormai universalmente riconosciuto quale passaggio obbligato della storia dell’arte moderna mondiale. Lo stesso non si può dire della poetica futurista, indubbiamente meno nota. Da dove scaturisce, a tuo avviso, la sua potenza estetica e letteraria?
Marinetti è stato capace, insieme con Valery, Rimbaud, Baudelaire e lo stesso Wilde, di esprimere la poesia nova come scienza, immaginario scientifico, arte vita per il godimento anche del presente, non solo un sogno futuro utopico. Come in fondo la musica – oggi elettronica – e la fantascienza, certa poetica della modernità è in un determinato senso l’anello mancante per l’ancora incompiuta società informatica e scientifica prossimo ventura, alla ricerca oggi, anche drammatica, della sua identità collettiva necessaria per svolte sociali radicali, per una società della conoscenza e, appunto, della bellezza e della libertà… Futurismo o meno, certo nuovo immaginario disseminato nell’arte contemporanea potenzia la scienza stessa, la umanizza, la erotizza, favorendone la fondamentale persuasione globale.
La visione prospettata dai tuoi versi dipinge un paesaggio oltreumano, indubbiamente transumanista, in cui «l’uomo è morto» insieme a tutti gli idoli che ne hanno estrinsecato la folle ascesa e il successivo destinale declino. Quale mondo, quale arte, quale civiltà per i superstiti?
In realtà il vero homo sapiens sapiens non è mai realmente ancora nato, essendo gli umanismi religiosi o filosofici stretti dalle contraddizioni della storia e dell’evoluzione del vecchio uomo. Religione e filosofia meglio spariscano in sé… congelano e confondono gli umani, gira e rigira, depistandoli dal cambiare il mondo. Certi loro archetipi creativi meglio si evolvano in una nuova religiosità cosmica, come intravisto poi da Einstein e Teihlard de Chardin, nonché, paradossalmente, dallo stesso Nietzsche. Il futurismo radicale artistico e scientifico auspica e promuove un aggiornamento strutturale basato sull’etica e l’estetica della conoscenza scientifica (futuro anteriore creativo incluso) per un mondo nuovo “nuovamente” forte e anti-liquido.
«Computer eros, computer logos», scrivi. Una mistica delle macchine, tra spiritualità pulsionale e dialettica razionalista?
Più o meno ho già risposto in precedenza, ma la logica del senso è all’incirca quella da te segnalata; dinamiche da vivere, tuttavia, non in senso antibiologico come i paleoumanesimi, ma in senso appunto pulsionale. L’uomo, anche robotico, è un animale desiderante. Per una scienza del futuro, finalmente vincente perché dionisiaca, erotica e felice, ovvero anche artistica e poetica; dall’accademia – per finire con una battuta futurista – all’avanguardia delle Scienze!