Donald Trump è un personaggio tronfio, che ti ispira una profondissima antipatia. A pelle, magari come la sua, incartapecorita e impreziosita da un basco di gialli capellacci (posticci?) a corona di un volto che è vero fondamentalismo Wasp, che più anglosassone non si può. Ostenta, epperò. Ha tanti di quei dollari che gli trasudano dai pori impomatati del viso. Ha case e palazzi, che compra, costruisce e vende. Ha una pin-up per moglie. E dice un sacco di fregnacce. Può avere un tipo così, un Trimalcione del terzo millennio, un’eco così grande come quella che risuona cupa e crassa dagli States? Può, niente meno, il bislacco Trump rappresentare un’epifania, per quanto folle e decontestualizzata, del paladino della lotta di classe nel regno dell’iper liberalismo? Sì, in senso lato, of course. E, detto tra noi, gli americani (un po’) ragione ce l’hanno pure.
Trump gioca a spararla sempre più grossa. Sui social, in tv, sui giornali è il re indiscusso della campagna presidenziale Usa. E sempre più americani – tipo middle class quelli delle villette a schiera – sono disposti ad ascoltarlo, a lasciarsi trascinare da lui in una battaglia folle e surreale. Contro il nemico comune, la supponenza delle classi dirigenti che in questi anni dirigono il gioco politico negli States. In fondo, bisogna pure capirlo mister John Smith from Arkansas. Giurano oltreoceano che quello che arriva qui è null’altro che un fresco venticello e che in America il politicamente corretto è un tifone che, alla lunga, ha cominciato a stracciare le sinapsi.
Da una parte, la politica istituzionale. In doppio petto (o grazioso tailleur) alle prese con scandali incresciosi, doppi giochi internazionali e la percezione popolare e diffusa di un inarrestabile declino. Un opinionista repubblicano coniò per il nuovo corso del pensiero democratico con una locuzione a dir poco geniale. I democratici, oggi, sono quelli del “mangia le tue verdure”. E non solo la questione veg, attenzione. Ma un richiamo continuo e pressante ai doveri, a un’etica presunta in creazione dove tutto e tutti sono uguali e standardizzati. Etica del dovere protestante coniugata all’elenco delle nuove istanze, delle minoranze a getto continuo, della produzione di diritti su cui campano centinaia di Ong ficcanaso. Un sistema che a Phoenix, tempo fa, ha mostrato la sua sostanziale inettitudine: davvero si poteva credere che i ragazzi di colore fossero talmente scemi da credere che la parità, la dignità e l’uguaglianza fossero sulla punta della penna delle dame di carità mentre i fucili degli sceriffoni inchiattiti a donuts sparano piombo e sentenze?
Donald Trump, dicevamo, è il bullo che scompagina e picchia i secchioni. Mette le mani sul sederone della sfigata della classe, le fa l’occhietto e la bacia violentandone i delicati sentimenti solo per vincere una scommessa da dieci dollari al bar. E dato che c’ha i soldi, con la pala (meccanica), nessuno gli può dire niente. È il sogno americano. È quello che tiene unita l’America, dai laghi del Michigan alle pistole del Texas. E più i secchioni liberal trasformano questi “sognatori” in repellenti redneck, più questi, per reazione, si stringeranno a coorte e lucidano la Corvette fiammante di Trump. Se le classi dominanti, i secchioni, hanno deciso da tempo di avviare l’evangelizzazione dei diritti umani, salendo in cattedra e addirittura trasformandosi in professori, gli allievi svogliati (specialmente le classi medie e basse, alle prese con drammi e problemi che i media Usa raccontano poco e quando lo fanno, rendono “esotico” perchè lo travestono da fiction) fanno il dispettuccio e filano via in bagno a fumar la sigaretta con Donald. Che, paladino della reazione e dell’iper-turbo-nulla, rischia di indossare addirittura i panni del liberatore della classe dall’insopportabile arroganza di chi siede nelle stanze dei bottoni.
Non c’è bisogno di scomodare Gilles DeLeuze per capire che il miliardario non può essere un’alternativa praticabile per cambiare il mondo e che, anzi, forse rappresenta un macabro puntello al decadente sistema occidentale. Trump, tuttavia, è il cavaliere della lotta di classe, al tempo del nichilismo come reazione, unica, alle babberie degli inadeguati Soloni di quelli che (e De André possa perdonarli e perdonarci) non potendo dare cattivi esempi si sentono in dovere di impartire buoni (e obbligatori, unici politicamente corretti) consigli.
@barbadilloit