Se ve lo siete persi, peggio per voi. In programmazione dal 9 al 13 dicembre al Teatro Portaportuense di Roma, Red House – A dirty variety show dice addio al 2015 celebrando il varietà, format teatrale che pareva essere stato fagocitato dalla storia.
Passato che piace Fa piacere vedere sul palco attori giovanissimi, “capitanati” da Benedetta Barlone, in arte Rita Lynch, star del Burlesque italiano da poco tornata da una tourneé in USA. Spettacolo del passato per una trama ambientata… nel passato, cioé nell’America degli Anni Trenta, quella delle pupe e dei gangster, della Grande Depressione e del Proibizionismo.
Varietà Nato in Italia alla fine dell’Ottocento, è uno spettacolo che, alla recitazione, affianca anche numeri di intrattenimento diversi, dal canto al gioco di prestigio. Nel caso di Red House, vuoi per l’ambientazione storica, vuoi per la partecipazione di una sua interprete trova spazio il Burlesque.
Chi sono Un agglomerato umano scalcinato ma simpatico, che conquista il pubblico con il sorriso e con il leitmotiv della sfortuna, elemento quest’ultimo che accomuna tutti i personaggi: Eveline, ragazza in cerca di fortuna che lascia la città e si trova, suo malgrado, ad esibirsi in un locale malfamato (Red House, nda); Marty, diva del teatro ormai al tramonto della sua carriera e preda del vizio dell’alcol e del gioco; Susy, artista circense che arrotonda adescando uomini in sala; Luzzo, immigrato italiano balbuziente che contrabbanda qualsiasi cosa; Dolly, travestito che sogna di fare la ballerina e Frank, ex genio del pianoforte, costretto a suonare al Red House perché ricattato dal titolare, Monsieur Moustaches.
Nostalgia “Il varietà che mancava” si legge su uno dei volantini del Red House. E’ vero, mancava una storia così, fresca, leggera, “nostalgica” e attualissima. Di attuale, nella trama, c’è la ruota della fortuna che gira (o smette di girare) ogniqualvolta non siamo pronti ad accettare o a rifiutare quel che la quotidianità ci offre; di “celeste nostalgia”, ci sono invece i ricordi dell’ambiziosa, intraprendente, sfacciata e jellata compagnia di Mimmo e Dea (Alberto Sordi e Monica Vitti), che nel lontano 1973, in Polvere di Stelle, racconta il crepuscolo del varietà in una commedia amara, che a sua volta celebra il mondo dello spettacolo, luminoso e spietato viatico di una gloria raramente duratura, il più delle volte effimera.