Nell’ultimo anno tra crisi economica, attacchi terroristici e difficoltà varie abbiamo afferrato in tutta la sua angosciosa compiutezza il senso del termine ‘complessità’. Un concetto sciorinato in ogni frangente da sociologi, esperti di geopolitica e filosofi e di cui iniziano a farne largo uso anche i media.
Appare effettivamente ingarbugliato un mondo dove discernere con lucida razionalità – così come in passato-, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che è utile da ciò che è dannoso sia sul piano personale che su quello pubblico, diventa atto estremo e sostanziale.
Nel nostro tempo l’imprevedibilità non è esclusa del tutto ma vi sono una serie di connessioni, e tra i campi disparati, per cui le soluzioni superficiali non sono più possibili: i temi del diritto del lavoro sono infatti legati ai processi tecnologici; l’economia ai flussi migratori; le relazioni interstatuali alle necessità sempre più impellenti di approvvigionamento di energia (si chiami gas o petrolio); le guerre si dichiarano o si subiscono senza conoscere gli alleati e, peggio ancora, i nemici; la difesa delle libertà si scontra con una sicurezza sempre più insidiata sul piano interno e su quello internazionale; e così via in un turbinio che non conosce fine e soluzione.
Segni tangibili di tutto ciò sono visibili in ogni aspetto del quotidiano. Basta dare una occhiata alle pubblicazioni saggistiche più recenti. Le edizioni Cortina presentano una collana con titoli perentori (Onestà, Passione, Simpatia, Coraggio, Vita, Sincerità). Laterza non è da meno, con titoli lunghi ma altrettanto incisivi, corroborati da dei ‘vero’ o ‘falso’ ( «Non ci possiamo più permettere uno stato sociale». Falso!; «È l’Europa che ce lo chiede!». Falso!; «La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi». Vero!; «Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce». Falso!; «La Rete è libera e democratica». Falso!).
Insomma, un florilegio di asserzioni; una antologia di tesi che vengono disarticolate o addirittura confutate a dimostrazione del fatto che viviamo nell’epoca dell’incertezza totale. Prima ancora che sull’opera di un celebre e stimato pensatore, l’attenzione va su una singola parola; su un unico termine, staccato dal contesto ma che è magari capace di determinare un minimo di ricalibratura all’esistente ormai manchevole di qualunque certezza.
Ovvio che in molti casi trattasi di operazioni commerciali ben architettate. Porgere sin da subito, nel titolo, la traccia di un intero volume è operazione ingegnosa. Tuttavia la sostanza permane. Se molte case editrici, anche importanti, dedicano intere collane a saggi che spiegano un solo concetto, un’unica parola, vuol dire che siamo messi male. Che viviamo un tempo disarticolato nel quale mancano addirittura i puntelli su cui articolare un pensiero o una riflessione e che quelli antichi vanno scomposti e rianalizzati. C’è necessità di rimettere le cose a posto; di rimodulare nuovi significati. E perciò tutto muta sin dalle fondamenta.