“Ezra Pound scriveva che se ciascuno di noi mettesse ordine in sé stesso, nella propria famiglia, nella propria città, e così via vivrebbe meglio. Anche perché vivere secondo giustizia, secondo la tua natura ti fa vivere bene.” Con queste parole, *Luca Gallesi, spiega la finalità del messaggio lasciato da Ezra Pound, a 130 dalla sua nascita. Milano si intravede dalle finestre di casa Gallesi. Una luce soffusa illumina due poltrone. I libri le circondano.
Gallesi, Ezra Pound è uno dei poeti grandi e più controversi del ‘900 con tre diverse anime: quella dell’artista, del politico e dell’economista. Qual è la loro connessione?
Il Pound economista eterodosso è sicuramente figlio del Pound poeta che ritiene come tanti letterati dell’inizio ‘900 che nella poesia ci sia la salvezza dell’uomo. Parliamo dei decadentisti, degli ultimi romantici, di coloro i quali ritenevano che l’esistenza non avesse alcun valore se non fosse destinata a conoscere la bellezza. L’artista era ritenuto indifferente e superiore alla realtà. Ed era inoltre considerato superiore alla massa, come colui che sa percepire il mondo, al di là delle apparenze materiali. Il poeta come superuomo, dunque. Proprio questa immagine viene messa in difficoltà nella prima guerra mondiale. Pound è venuto in Europa per abbeverarsi alle fonti del sapere classico, affinché possa servire per il nuovo mondo. Allo scoppio della grande guerra si trova a Londra e lì viene sconvolta l’idea del poeta come esteta. Perché il poeta staccato dalla realtà si scontra con la stessa realtà fatta di artisti che muoiono nelle trincee. Tra i tanti suoi amici, due lutti in particolare lo colpiscono: Henri Gaudier-Brzeska che muore giovanissimo nelle trincee francesi e il filosofo Hulme: il più importante apporto intellettuale di Pound nella sua formazione filosofica, considerato uno dei più importanti pensatori protofascisti, allievo di Bergson e propagatore delle idee di Sorel. La guerra diviene quindi fucina di uomini. Il poeta estetizzante, che si disinteressa alla realtà, viene messo di fronte ad una realtà brutale che fa strage dei suoi amici artisti.
Pound capisce che dietro la guerra ci sono sporchi interessi ed una classe di profittatori e speculatori avidi che hanno tratto enormi vantaggi dalla guerra sfruttando i lutti e le sciagure.
E’ proprio questo il fattore che lo porta a prendere le distanze dal Governo degli Stati Uniti?
Assolutamente sì. La discesa in guerra degli Stati Uniti nella prima e a maggior ragione nella seconda guerra mondiale lo spinge a essere critico col Governo ma non con l’idea alla base della Nazione.
Pound come un grande patriota.
Un grande patriota che vede la propria Patria svenduta. Inoltre, nella prima guerra mondiale l’idea di neutralismo degli Stati Uniti era largamente diffusa ed era stata assicurata dagli stessi governanti.
Qual è lo sguardo più profetico di Pound sulla società post-contemporanea?
E’ la sua capacità di individuare due categorie di persone che agiscono sugli eventi: coloro che impiegano il loro potere a favore del bene comune per la pace, la costruzione di opere proficue per il popolo, contrapposte alle persone che sfruttano il loro potere per soddisfare la loro avidità e servire interessi personali o di classe. Ci sono due forze, dice Pound, nella storia; una che falsifica e divide, l’altra che unisce e arricchisce.
E’ un’idea fortemente influenzata dal confucianesimo…
Certo. Ma se si studiasse la storia americana si scoprirebbe che i Padri Fondatori Jefferson ed Hamilton sono due figure antitetiche. Il primo è il prototipo, uno degli eroi di Pound, il secondo un manigoldo. Il presidente Jefferson ha operato sempre per il bene comune laddove Hamilton era un agente degli inglesi, al servizio della plutocrazia britannica.
Pound fu indubbiamente uno strenuo sostenitore del fascismo. In che modo?
E’ stato un sostenitore del fascismo che non ha mai preso la tessera del PNF, un simpatizzante di Mussolini che non è mai stato apprezzato dai gerarchi. Era una persona in buona fede che vedeva altrettanta buona fede in Mussolini e nel suo tentativo, come dice nel Jefferson e Mussolini, di impedire che, un Paese dove tutto era stato messo in vendita, venisse svenduto. Cosa che sta succedendo oggi…
Considerava Mussolini l’ultimo baluardo contro le “democrazie plutocratiche”?
Sì. In lui vedeva un condottiero come molti altri. Pound riempie i suoi Cantos di figure del genere: dai condottieri rinascimentali agli imperatori cinesi fino ai giuristi inglesi. Mussolini fa parte di questa schiera. Un’altra figura fondamentale nella vita del poeta è l’Ammiraglio Ubaldo degli Uberti, che decise di andare in congedo negli anni Trenta, perché non sopportava l’ipocrisia degli ambienti militari.
Pound nelle sue opere si dimostra rivoluzionario. E’ colui che rompe con il passato. Il suo pensiero, le sue conclusioni sono state smentite dalla realtà?
Diciamo che è la realtà che lo ha schiantato. Ma, in fondo, lui ha assistito alla sconfitta di una guerra combattuta contro la più vasta alleanza militare e il più grande dispiegamento di forze mai visto nella storia dell’umanità. Era inevitabile che finisse così. E nemmeno attualmente le forze in campo contro le plutocrazie sono tali da favorire un atteggiamento ottimista. Alla fine cosa si può fare? Come dice Confucio: “ognuno faccia quel che può, quando può, come deve”. Quindi, è inutile cullarsi in sogni di utopie irrealizzabili o rivoluzioni impossibili, cambiamenti epocali. Pound scriveva che se ciascuno di noi mettesse ordine in sé stesso, nella propria famiglia, nella propria città, e così via vivrebbe meglio. Anche perché vivere secondo giustizia, secondo la tua natura ti fa vivere bene.
La riflessione di Pound si contrò con una realtà amara.
Pound afferma che alla base della vita delle Nazioni e delle società esistono dei cicli. Ma questo lo diceva già un grande storico americano, ignorato dai più, Brooks Adams nell’opera The Law of Civilization and Decay (La legge della civiltà e della decadenza). Adams, già vent’anni prima di Spengler, aveva individuato l’andamento ciclico delle civiltà, vedendo nel principio del profitto, della plutocrazia, l’inizio della decadenza.
*Luca Gallesi insegna Lingua e Letteratura Inglese a Milano; collabora da più di vent’anni con le pagine culturali di “Avvenire” e de “il Giornale”; dirige le collane “poundiana” per le edizioni Ares e “A lume spento” e “Oro e Lavoro” per le Edizioni Mimesis. Ha appena curato l’ultima edizione di Jefferson e Mussolini (Edizioni Bietti). Ha scritto, tra l’altro, Esoterismo e folklore in W.B.Yeats (Nuovi Orizzonti), Le origini del Fascismo di Ezra Pound (Ares) e C’era una volta… l’economia (Bietti), che è stato anche tradotto in francese per le edizioni Pierre Guillaume de Roux.