“Al di là delle rivendicazioni, che lo strumentalizzano, potrebbe far parte di un antico principio di botta e risposta, dove il sostegno sciita ai russi è marginale” commenta il generale Mario Arpino, in merito all’autobomba che ieri ha ucciso oltre trentacinque persone (e ferite circa 200) a Beirut, in un quartiere controllato da Hezbollah.
L’ufficiale e giornalista non minimizza, semmai circoscrive l’attacco del 12 novembre nel cuore del Libano ad una strategia che ormai si protrae da anni. Allargamento del conflitto siriano? Ancora presto per parlarne.
Tuttavia, l’episodio di ieri è un buono spunto per una riflessione sul Paese dei Cedri, da tempo in piena crisi umanitaria (ospita oltre un milione e mezzo di rifugiati siriani), scosso dalle proteste di agosto e vicinissimo al teatro bellico che infiamma la Siria dal 2011…
Libano: la guerra del Califfo è arrivata anche qui?
“Probabilmente si, come in tutte le aree attorno alla Siria. Il ”Califfo” ha interesse ad allargare la sua guerra, per dividere le forze che gli si oppongono e distrarre l’attenzione globale dalla sua lenta e difficoltosa marcia verso Damasco. Ma gli attori sono tanti, l’attività mediatica è intensa e non è affatto certo che tutte le rivendicazioni dell’Isis corrispondano a sue azioni reali. Cioè, non sempre ciò che succede è farina del loro sacco. Certamente, ne traggono vantaggio a basso costo“.
Come interpretare l’attacco kamikaze? E’ una risposta ai raid russi?
“Dopo l’assassinio, nel febbraio 2005, del premier sunnita Rafiq Hariri, la faida degli attentati ha avuto solo una breve sosta, e una nuova serie ha preso l’avvio nell’ottobre del 2012, con l’uccisione del generale dell’esercito capo dei servizi segreti. Allora non si parlava ancora di califfi e califfati, e quindi l’attentato di ieri, accaduto in area sciita (e segnatamente Hezbollah), potrebbe ancora rientrare nella vecchia logica. Al di là delle rivendicazioni, che lo strumentalizzano, potrebbe far parte di un antico principio di botta e risposta, dove il sostegno sciita ai russi è marginale. Un’autobomba tu, un kamikaze io. Sono anni che va avanti così. D’altra parte, la tecnica delle faide a colpi di auto esplosive è stata inventata trentacinque anni fa proprio nel Paese dei Cedri, da dove i soliti volonterosi l’anno ampiamente esportata“.
Ancora, fa parte di una strategia più ampia, di estensione della guerra siriana?
“Non è detto, anche se questa può essere l’impressione. E’ più probabile che una faida interna sia stata inglobata da altri, non libanesi, in una strategia a più ampio respiro. Il principio di risparmiare forze proprie e far combattere quelle altrui è un concetto economico, più che politico. Si tratta un intreccio da sempre inestricabile, dove gli attori non sono più solo i gruppi sunniti (divisi) e sciiti (divisi anche loro), mentre i cristiani maroniti stanno a guardare. Questi semmai appoggiano gli sciiti. Quindi, lo scenario si complica, da una parte, con la sostanziosa collaborazione ad al-Assad del “partito armato” Hetzbollah, incluso dai criteri occidentali tra i “terroristi”, ma ormai in Libano forza di governo, e, dall’altra, dagli estremisti sunniti, prima legati ad al-Qaeda ed ora, in parte, assorbiti dall’Isis. Ma, ormai, è probabile che verso questi ultimi stiano guardando con interesse anche i “moderati” sunniti sostenitori della famiglia di Hariri“.
Tra crisi umanitaria e instabilità interna si parla da molto del pericolo di “crollo” dello stato libanese. L’Italia è in prima linea sia con fondi di sviluppo, sia con la missione Leonte. E’ stato fatto tutto il possibile per tenere Beirut lontano dalla guerra?
“Probabilmente si, ma la missione Leonte ha tutt’altri scopi, si occupa della fascia di sicurezza al confine con Israele assieme all’esercito libanese e nulla ha ormai a che fare con le situazioni più sopra descritte. Tanto più che uno dei punti principali su cui si articolava il mandato conferito con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu riguardava il disarmo delle fazioni. Cosa rimasta subito lettera morta per “impraticabilità” del campo, essendo ormai – e da tempo – il “partito di Dio” forza di governo per alcuni e organizzazione terroristica per l’Occidente“.