Fin da piccoli, nonni e genitori erano soliti tranquillizzarci ricordando che “squali e altre grosse creature nei mari italiani non ci sono; solo negli Oceani si incontrano!”
Non era vero e lo sapevano bene, ma ciò bastava a farci fare il bagno, senza problemi, magari dopo che, per errore o loro distrazione, avevamo visto in tv qualche immagine de Lo Squalo…
Non era e non è vero che il Mediterraneo sia privo di mega fauna acquatica. Già un anno fa vi abbiamo parlato degli squali più grandi del mondo, catturati in Istria, nel Salento e a Malta; oggi, a pochi giorni dall’uscita di In the heart of the sea – Le origini di Moby Dick di Ron Howard, racconteremo i cetacei nostrani.
L’episodio narrato nel film è realmente accaduto. Nel 1820, la baleniera Essex di Nantucket salpa per il Pacifico, alla caccia di capodogli, animali dai quali si ricavava olio per lampade e candele. Intercettato un banco di maschi a largo del Cile, la Essex cala le lance e inizia la caccia. Un esemplare maschio, di grandi dimensioni, infastidito dall’attacco, carica due volte la fiancata della nave che cola a picco. Per settimane i superstiti sono costretti ad una navigazione senza cibo e acqua, arrivando anche al cannibalismo. Nantucket conserva, nel museo dedicato alla caccia alla balena, una enorme mascella di capodoglio. Seppure l’animale non superi, in genere, i diciotto metri di lunghezza, la mascella non sarebbe l’unica testimonianza di cetacei di enormi dimensioni. Due secoli fa, infatti, la popolazione di grandi mammiferi era superiore a quella odierna, pertanto alcuni zoologi non escludono che negli oceani vivessero esemplari di venticinque metri.
Secondo lo studioso Marco Affronte (dottore in scienze naturali, saggista ed eurodeputato del M5S), dal XVI Secolo ad oggi le sponde adriatiche avrebbero assistito a circa 36 spiaggiamenti per un totale di 68 animali (alcuni spiaggiamenti sono multipli). Il tratto interessato è quello fra Pescara e Rimini; non mancano, tuttavia, casi analoghi in Croazia, Albania, Puglia garganica.
Fra i più famosi, merita menzione lo spiaggiamento Barafonda di Rimini, ricordato anche da Federico Fellini. Nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, un pescatore romagnolo, ritirando le reti, scorge una grande massa scura che si muove con difficoltà. E’ un capodoglio di dodici metri. Portato a riva, la guardia costiera lo finisce con un colpo di mitraglia. Secondo Affronte, infatti, fino alla metà del XX Secolo, gli esemplari di capodoglio moribondi vengono tutti abbattuti; solo dagli Anni Ottanta del Secolo scorso una maggiore sensibilità anima l’opinione pubblica: unica arma la pazienza di trascinare, a fatica, la bestia in acque più profonde.
Capodogli e balene hanno sempre incrociato i nostri mari; tra Liguria e Francia, il Santuario dei Cetacei è un’area protetta nella quale nuotano meravigliose creature, talvolta rare come i capodogli albini (Sardegna, agosto 2015), tipo Moby Dick.
E anche Ron Howard, che al capolavoro della letteratura americana ha voluto dedicare un nuovo film (ultimo di una lunga serie, ve lo ricordate Gregory Peck/Achab?), avrebbe potuto portare macchina da presa e cast nel Mediterraneo, intervistando magari i due amici sardi che l’estate scorsa hanno avuto un incontro ravvicinato con un esemplare che non ha mancato di dare spettacolo, forse “ingelosito” dalle troppe attenzioni rivolte, solo, ad un allegro banco di delfini.