Non sono pochi 578 esuberi su 4.300 lavoratori. Ma la Michelin Italiana li ha messi sul tavolo delle trattative in cambio di 180 milioni di investimenti in Italia. Numeri: che si tratti di euro o di persone è solo questione di numeri. Pochi anni or sono monsieur Michelin, il vecchio patron del gruppo transalpino che produce pneumatici, aveva spiegato che lui puntava su Cuneo ed il Piemonte perché anche lui era parte di un unico popolo occitano, al di qua ed al di là delle Alpi. Una faccia, una razza ed un investimento. Il vecchio è morto, il figlio era morto anche prima. La Michelin fa ora capo ad investitori finanziari internazionali e la faccia e la razza non hanno più importanza.
Cuneo rimane il più grande stabilimento dell’Europa occidentale del gruppo, ma Fossano (sempre in provincia di Cuneo) può chiudere, i 400 dipendenti possono provare ad arrangiarsi. Come quelli di Padova o di Torino. Si chiude perché si può guadagnare di più affidando le stesse lavorazioni all’estero.
D’altronde la Michelin è un marchio francese, anche se la proprietà non è più transalpina. Non ha problemi di made in Italy. Ha chiesto sovvenzioni pubbliche all’Italia? No. Ha chiesto agevolazioni in cambio di una permanenza della produzione in Italia? No. E allora è persino normale che i vertici del gruppo si stupiscano di fronte alle proteste ed alla richiesta di non chiudere lo stabilimento di Fossano ed il magazzino padovano.
Nessuna faccia, nessuna razza, solo il business. Lo stabilimento di Cuneo verrà potenziato perché i lavoratori cuneesi sono i migliori in assoluto. Non perché nelle vallate della provincia si parla la stessa lingua di Clermond Ferrand, dove ha sede il gruppo. Anzi, nel gruppo francese ormai si parla inglese. L’Occitano era una fissione del vecchio patron. Meglio capirlo subito, meglio adeguarsi. Perché le multinazionali investiranno in Italia solo se avranno le garanzie di poter chiudere gli stabilimenti quando farà comodo a loro e senza polemiche sindacali.
D’altronde la Pirelli, dopo aver investito a Settimo Torinese, ha venduto tutto ai cinesi. Che valuteranno se mantenere lo stabilimento e sino a quando. Gli imprenditori italiani spariscono, i lavoratori italiani sopravvivono solo se le multinazionali lo ritengono conveniente.