Lei è Pippa e qui ci fermiamo, con impresso in mente il ricordo del personaggio di Astrid Lindrgen. Stop, non andare oltre perché, la ‘nostra’ Pippa, ha il nome, intero, che ricorda un film di Trentalance. Ma, da bravo goliardo, non potrebbe essere diversamente.
D’accordo, avete ragione: di Goliardia universitaria abbiamo già parlato, ma stavolta scendiamo nel dettaglio. Ad esempio: come vive e cosa fa un goliardo del 2015?
Pippi è dell’Università di Pavia; ha 22 anni e fra i tanti, moderni svaghi che il mondo offre ai suoi coetanei, se ne è scelto uno vecchio di quasi mille anni. Passatista? No, perché dalla nostra chiacchierata emerge un quadro singolare della Goliardi: scherzo, ma anche universo di tradizioni, legami personali e valori condivisi.
Goliardia: esiste da secoli, tu invece sei molto giovane. Come l’hai conosciuta e cosa ti ha appassionato del gioco goliardico?
“Come tutti i pavesi ho avuto la fortuna di assistere per i cinque anni di scuole superiori alla Liberatio Scholarum: ad ogni inizio novembre, i goliardi venivano a “liberarci” da una giornata di scuola, invitandoci a seguirli in piazza per giocare con loro. Ovviamente più di ogni altra cosa mi ha appassionato il vin brulè alle 10 del mattino, che oltre ad essere una chicca è anche un efficace strumento di selezione naturale. Appena matricola all’università li ho letteralmente rincorsi e mi si è aperto un mondo”.
Sei di Pavia: com’è la G. nel vostro ateneo?
“A Pavia si mantiene viva e attiva, cercando continuamente il contatto con “lo popolo bove” e con gli studenti ancora ignari della sua esistenza. Scherzi alla cittadinanza, scene esilaranti per le quali non si deve neanche pagare il biglietto e anche eventi di un certo spessore culturale. La collaborazione tra i vari Ordini in questo frangente non viene a mancare, lo scopo è sempre quello di metterci la faccia e fare in modo di coinvolgere coloro che accidentalmente incappano nel nostro cammino. Non siamo personaggi facili, è vero, ma abbiamo la fortuna di avere a portata di mano del buon bacco, qualche sigaretta e solitamente un numero consistente di belle ragazze, per non parlare dei canti, degli aneddoti e dello spirito irriverente che sfortunatamente ancora in pochi comprendono”.
Cultura, intelligenza e gusto della beffa? Più intellettuali o più giocherelloni?
“Cultura e Intelligenza, sì. Beffa pure, libertà soprattutto. Siamo Goliardi, non ci sentiamo di far parte di altra categoria. La cultura, l’intelligenza e la beffa sono tre facce della stessa medaglia; la beffa è arte, non è semplice sfottò o volgarità, deve necessariamente essere sostenuta dalla conoscenza e dall’intelligenza di comprendere il modo nel quale in quel momento è opportuno giocare. I Goliardi sono irriverenti ma non sregolati, sono giocherelloni ma con cognizione che ogni gioco va fatto per un motivo, che ad ogni azione corrisponde una reazione e che pertanto ogni gesto deve essere sostenuto da motivazioni valide e non banali”.
Raccontaci la tua giornata tipo…
“Ore 8:00, sveglia per andare a lezione, rigorosamente rimandata alle 8:15, 8:25, 8:47.. benissimo, è già tardi! Ore 9:25 di corsa a lezione, ma è già iniziata. Si pone la fatidica scelta: entro e faccio sì che tutti si girino e mi guardino male? Che il professore si ricordi di ‘quella ritardataria’ e mi bocci all’esame? Oppure opto per un modestissimo caffè al bar e aspetto la pausa per entrare confondendomi con la massa? Ovviamente, per ragioni più che valide e ben ponderate (nessuno vorrebbe compromettere la propria carriera universitaria) opto per la seconda (…) Con il senso di colpa dettato dai mutui che i tuoi genitori hanno acceso per mandarti all’Università, frequenti fino alle 16:00, momento in cui finalmente puoi rispondere a tutte le chiamate di major incazzati (gli Ordini goliardici sono strutturati verticalmente. I major sono i superiori, nda) che ti hanno cercato incessantemente durante le lezioni. Alla tua domanda “cosa c’è?”, ognuno di loro inizia ad elencare 27 mansioni da portare a termine, prima della riunione della sera stessa. Ti proponi di andare a comprare il vino, di recuperare il materiale vario, di verificare di aver prenotato il bar e contattare gli altri minus quam merdam (matricole non ancora battezzate, nda) per verificare la loro presenza entro le 18:00 e goderti del meritato relax prima dell’imprevedibile serata. Ma ecco la “chiamata”, quella del Capo Ordine che ti dice che ha assolutamente bisogno di te ORA, per dirti delle cose importantissime…”
Feluche, bolli, manti, placche… cosa sono?
“Parte della simbologia dell’antichissimo gioco goliardico. La Feluca è il simbolo dello studente universitario, chiunque sia iscritto all’università ne può indossare una. I manti e le placche esprimono l’appartenenza ad un ordine e la carica ricoperta all’interno di esso; ma spiegare, al di là delle definizioni cosa questi significhino per chi le indossa sarebbe decisamente più complicato”.
Le prime tre qualità che ti vengono in mente per essere un buon goliardo?
“Irriverenza, Amore per la conoscenza, Spirito di fratellanza”.
Immagino la Goliardia non sia solo pavese. Ti è mai successo di incontrarti con ragazzi di altre università? Se sì, in quali contesti?
“La Goliardia è attiva in quasi tutti i grandi Atenei italiani e le occasioni per conoscere Goliardi da tutta Italia sono davvero tantissime. Non manca settimana in cui, da qualche parte, non vi sia una cena organizzata da un Ordine, una festa o un semplice ritrovo”.
Come vivi questi eventi?
“E’ incredibile la facilità con cui uno, che fino a pochi minuti prima ti era sconosciuto, finisca per aiutarti in un momento di difficoltà, o, magari, ti dia le chiavi di casa sua perché non hai un posto in cui passare la notte”.