“Varoufakis trae profitto dalla crisi economica greca”. A scriverlo è il settimanale greco Proto Thema, che ha pubblicato una mail dell’agenzia London Speaker Bureau, poi ripresa anche dal Daily Telegraph, dove vengono elencati i compensi che l’ex ministro Yanis Varoufakis chiede dall’estate scorsa per conferenze e incontri pubblici. Si va dai 60mila dollari per un discorso tenuto “al di fuori dell’Europa”, ai 5mila per un discorso in Europa, fino ai 1500 dollari per una lezione universitaria. Clamoroso il passaggio italiano a Che tempo che fa , la trasmissione di Fabio Fazio, il 27 settembre 2015, costato agli abbonati Rai 24mila euro. Più di mille euro al minuto, visto che l’intervista è durata nemmeno 22 minuti, a cui vanno aggiunte spese di “viaggio in business class, alloggio, trasferimenti aeroportuali e di terra, pasti e spese accessorie”.
Il paladino dell’anticapitalismo ellenico è “assistito” dalla multinazionale della comunicazione, la London Speaker Bureau, a cui fanno capo l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, il Nobel per la pace Muhammad Yunus, l’ex segretario della Nato George Robertson, e tra gli italiani Romano Prodi, Enrico Letta, Chicco Testa, Alex Zanardi e la deputata del Pd Irene Tinagli.
A vincere, dietro una bella spolverata “progressista”, sono le logiche del mercato.
In quanto agli “esempi” meglio lasciare perdere. Noi, che siamo degli inguaribili romantici, abbiamo ben altri ricordi, quelli dei primi deputati socialisti che viaggiavano di notte, gratis grazie alla medaglietta di parlamentare, per risparmiare sulla pigione. Oggi gli esponenti del progressismo si spostano in business class ed hanno i tariffari come qualsiasi star della canzone. Allora gli esponenti socialisti frequentavano le piazze e le galere. Oggi il problema è il cachet televisivo o la conferenza remunerata.
Scriveva – nella sua autobiografia Costantino Lazzari, figura storica del primo socialismo italiano: “Tra poco avrò raggiunto i settant’anni della vita. Arrivato a quest’ultimo periodo della vita, povero e proletario come sono nato, trovo di non possedere altra ricchezza che la coscienza tranquilla e la fede sicura nell’avvenire del socialismo (…). Come si è formata in me questa fede e come ho acquistata questa tranquillità di coscienza? Non è possibile rispondere a queste domande senza avere la conoscenza dell’ambiente sociale in cui sono cresciuto e il cui carattere ebbe certamente una influenza capitale nel determinare in me la comprensione completa delle dottrine egualitarie moderne.”
C’è – in queste parole – tutto il senso non solo di un impegno, ma di una ragione di vita. Ecco la questione. Quali sono le ragioni di vita a muovere certi esponenti della nuova sinistra europea ? Quali i valori profondi che li animano ? Viste certe “tariffe” non sembrano essere diversi dall’odiato capitalismo contro cui i conferenzieri alla Varoufakis dicono di scagliarsi. In fondo – come al solito – due facce di una stessa medaglia. E’ il mercato, baby …