L’assemblea della Fondazione An è finita come è finita, con gli iscritti divisi in tre tronconi quasi equivalenti. E’ stata comunque sconfitta la fazione che chiedeva che la cassa comune (non la casa comune) venisse utilizzata per dar vita ad un nuovo partiti aggregante le varie anime di destra sparse e vagabonde, lamentandosi dei risultati e della “occasione perduta”. Giorgia Meloni, che è uscita vincitrice, ha commentato: “Parla gente che ha ridotto in macerie la destra”.
E’ stata anche troppo buona,onorevole. Questa gentaglia non ha lasciato nemmeno le macerie ma ha fatto terra bruciata, non ha lasciato una pietra sull’altra spargendovi sopra il sale della sua arroganza oscena. Quel che impressiona di più di costoro, che pure si proclamano di destra, è che non hanno fatto proprio alcun valore etico e alcun atteggiamento personale di una vera destra, e si comportano come perfetti democristiani qualsiasi alla ricerca della poltrona perduta. Non sapendo fare altro nella vita che i politici di professione hanno tentato di riconquistare quel che gli elettori hanno loro negato.
Ancora non si rendono conto di questo piccolo particolare: hanno sbagliato tutto e sono stati giustamente puniti dagli elettori di destra dusgustati con l’unica arma che avevano, il voto o il non-voto. Se la devono prendere con il loro fallimento. Se ne facciano una ragione: chi ha fallito come ministro, sottosegretario, sindaco, assessore deve avere il coraggio di assumersene le responsabilità, quindi ammetterlo, chiedere scusa, spiegare i propri errori, effettuare mea culpa. Invece fanno gli struzzi e si atteggiano, con una faccia di bronzo incredibile, a persone che non hanno alcuna responsabilità e che tutto è accaduto passando sulle lro teste, affermando che la colpa è della stampa e che gli elettori non hanno capito nulla. Esattamente come i vecchi DC… Nessuno, ma proprio nessuno, ha ammesso di aver sbagliato in qualcosa. Chi fallisce in questo modo avendo avuto (e perso) una occasione storica, deve avere solo il buon gusto di andarsene, di scomparire, e non tentare di riciclarsi.
Alemanno e una gestione della città da dimenticare
L’ex sindaco di Roma, che si nasconde dietro l’usbergo dei “quarantenni” (ma anche Giorgia Meloni quasi lo è), come fosse una nuova generazione, non ha mai ammesso la scandalosa gestione dei suoi anni in Campidoglio, e non mi riferisco alle magagne economiche, ai favoritismi personali, alle malversazioni degli amministratori arrestati, dei rinvii a giudizio con relative accuse di tangenti. No, mi riferisco alla catastrofica conduzione culturale e ideale che ha disgustato gli elettori romani di destra che poi in massa sono rimasti a casa e non lo hanno votato più. Che a Roma ci fosse stato un sindaco eletto dalla destra non si erano proprio accorti, anzi pensavano fosse di sinistra… e che quasi quasi erano meglio Rutelli e addirittura Veltroni… Mai avuta una spiegazione in proposito, solo arroganza senza pari. E mai, in generale, una spiegazione del motivo per cui si sono perse città storicamente di destra come Rieti e Triste. Mai una analisi di fondo, mai una indagine, mai una ammissione di colpa. Si è andati avanti alla cieca, e lasciando dietro appunto macerie, terra bruciata.
A differenza di quel che pensava Andreotti, il potere corrompe chi ce l’ha, e certa destra arrivata senza rendersene conto al potere si è comportata proprio come i democristiani, i socialisti e i comunisti dimenticando i conclamati “valori di destra”: ha fatto una politica culturale di sinistra ed è stata presa con le mani nel sacco come i partiti dai quali credeva di distingueersi.
Il seppellitore di partiti
Stesso discorso per il serial killer della destra, colui che ha seppellito il MSI, che ha disciolto AN, che ha frantumato il PdL, che ha condotto all’insignificanza Futuro e Libertà, e che pure ha ancora suoi sostenitori suicidi… E che ha osato dire che la concezione della destra della Meloni “non è quella di milioni di italiani che votavano AN e che oggi non votano Fratelli d’Italia”. Santo cielo, ce ne vuole del coraggio da parte di uno che non ha mantenuto la parola data in TV che si sarebbe dimesso se si fosse scoperto che la casa di Montecarlo era entrata in possesso del cognato, o che lo avrebbe fatto se anche Berlusconi si fosse dimesso e in nessuno dei due casi lo ha fatto; e da uno che ha annullato An (i colonnelli d’accordo) nel PdL sconcertando i suoi elettori e che è poi stato sonoramente bocciato da essi non entrando in Parlamento. Ma come può osare dire certe cose?
Tutta questa gente mi pare che sia come i cosiddetti Monument Men americani glorificati dal film di Cloney: prima vi radiano al suolo, voi, le vostre città, i vostri monumenti, e poi corriamo in vostro soccorso! Altra faccia di bronzo. Qui è lo stesso: prima radiamo al suolo il partito e poi veniamo in suo soccorso chiedendo soldi per farne uno migliore di quello che abbiamo distrutto…. Ma come è possibile dar un minimo credito a costoro? Scompaiano: si godano il vitalizio parlamentare e vadano a curare il loro orticello. Ci lascino in pace e non manovrino nell’ombra dietro i “quarantenni”.
Il futuro della Fondazione An
Ora si pone invece il grave problema della Fondazione An e di come utilizzare proficuamente le sue risorse non per finanziare un partito che cerchi dare lavoro agli ex parlamentari disoccupati, ma faccia un’opera di ricostruzione di una struttura, soprattutto giovanile, culturale e ideale distrutta in venti anni. E’ un lavoro lungo che non porterà gloria immediata, che serve per il futuro dato che si deve ricreare un mondo e una comunità. La struttura che ha immaginato Marcello Veneziani a me pare la via giusta, ma la Fondazione An si deve comportare in maniera seria sia dal punto di vista organizzativo che gestionale: non può chiedere un lavoro di militanza a chi non è più un militante ventenne ma un professionista che lavora in vari campii. Bisogna saper muoversi in questo settore, non perdersi in minuzie, e se ne dovrebbe occupare un manager con ampie possibilità di manovra, che abbia la fiducia di tutti e di cui tutti si possano fidare senza retro pensieri, e senza il pericolo di bastoni fra le ruote.
In questa drammatica situazione di emergenza si deve ripartire da zero, sia praticamente ricostruendo le strutture logistiche di base, sia culturalmente ricostruendo un retroterra dimenticato, magari, scomparso poiché non si sapeva più quale fosse la destra. Si deve fare un lavoro pre-politico che la Fondazione An può favorire, incoraggiare, aiutare nei moti che riterrà più consoni, non certo però con un bando di concorso che poi verrà annullato Un lavoro di questo genere in venti anni il centrodestra lo ha tralasciato, illudendosi che i risultati elettorali fossero permanenti e definitivi. Viceversa, come si è scritto mille volte, il voto emotivo e di protesta lo si doveva consolidare culturalmente e ideologicamente, ovviamente se si hanno idee e valori ben chiari e non da banderuole… Se le idee e i valori sono ben chiari bisogna farlo adesso per non correre il pericolo che l’essere di destra diventi solo una opzione personale.