United States of America. Un destino di luci e successo, una terra promessa dove il self made man conquista cittadinanza sotto i riflettori dell’American Dream, dimentico delle radici che lo legano alla terra precludendogli il mare, quell’universo “liquido” che è palcoscenico hollywoodiano delle sue ambizioni da protagonista. Patria di speranze, esperienze ineguagliate e feroci illusioni: la complessità statunitense in-voca costantemente nuove interpretazioni del suo stesso paradosso. Un’estrosità logica, per così dire, che Ezra Pound ha sperimentato e tentato di comprendere. In questa direzione si muove il riconoscimento, da parte del poeta, di due anime americane: la prima, quella originaria, improntata alle oneste aspirazioni dei pionieri del West, edificatasi attraverso il pragmatismo, l’impegno, il lavoro incessante; la seconda, modellata sulla speculazione dell’Est, declinatasi in un’antropologia che si alimenta di usura, sfruttamento e ipocrisia morale. In principio era la parola, e la parola venne tradita.
Riflettere su questo dualismo porta al lettore frutti insperati, non soltanto per comprendere l’America di ieri e, pertanto, di oggi, ma anche per guardare dentro noi stessi. Sì, perché secondo Pound un certo archetipo d’America, il suo filone aureo, nascosto, tralasciato dalle vulgate ufficiali, eppure autentico e progettuale, è rinato in Italia. Jefferson, difatti, si ripresenta in Mussolini. Le teorie economiche supportate dal poliedrico Padre Fondatore, tradite dalla successiva classe politica statunitense, si ripresentano nella prassi – e non dottrina, si badi bene – fascista.
Questa tesi, che a uno primo sguardo può apparire una scanzonata boutade, è supportata con serietà scientifica e passione letteraria in un saggio poundiano che le Edizioni Bietti ripropongono oggi ai lettori, con la curatela di Luca Gallesi e una ricca appendice. Si tratta del volumetto Jefferson e Mussolini, ovvero la traduzione italiana, riveduta e corretta da Pound stesso nel dicembre 1944, di un saggio del 1935, dedicato a una comparazione rizomatica dell’operato economico dei due politici.
Il testo, indubbiamente difficile, criptico, a tratti aforistico, rivela una lucida acutezza nella distruzione sistematica di tanti dogmi cari al politicamente corretto: dall’efficienza del modello capitalistico all’asservimento dell’idea fascista al medesimo, dall’assenza di alternative al monismo economico sino al significato della libertà di stampa. L’attualità del testo, manifesto di un pluralismo che la tanto celebrata “società aperta” concepisce soltanto entro i propri stessi confini, emerge prepotentemente nell’attualissimo ricordo di una crisi strutturale che sempre più pare intrinseca al nostro modello socio-economico. In Pound c’è parecchio populismo, senza dubbio, ma vi sono anche tante proposte, semplici e concrete: perché non considerare, sulla scia di Jefferson, il mantenimento del monopolio del credito da parte dello Stato, per evitare gli eccessi della speculazione? Perché non ristabilire il primato della politica sull’economia?
Secondo Pound, queste intuizioni, ch’egli aveva approfondito unendo le istanze “jeffersoniane” alle teorie del Credito Sociale, conosciute nel Regno Unito tramite Alfred Richard Orage, erano ben rappresentate in Italia da Benito Mussolini. Così come quest’ultimo riconosceva la propria vicinanza alla Weltanschauung dell’autore statunitense, asserendo, come riportato da Yvon De Begnac nei Taccuini mussoliniani: «Il mio amico Ezra Pound ha ragione. La rivoluzione è guerra all’usura. É guerra all’usura pubblica e all’usura privata. Demolisce le tattiche delle battaglie di borsa. Distrugge i parassitismi di base, sui quali i moderati costruiscono le loro fortezze». I venti mesi trascorsi da Pound a sostegno della Repubblica Sociale Italiana si inseriscono proprio all’interno di tale affinità di orizzonti. Un’acuta analisi politica o una miope valutazione? Indiscutibile rimane il coraggio di un intellettuale anticonformista, così come affascinanti sono le sue suggestioni, che ancora molto hanno da dire al nostro tempo.
* Jefferson e Mussolini di Ezra Pound, a cura di Luca Gallesi (pp.15, ero 14, Edizioni Bietti)