Stupisce davvero che il refrain di oggi sull’Assemblea della Fondazione AN sia tornato ad essere il giudizio su qualcuno che alla Fondazione non è mai stato iscritto, come Gianfranco Fini. Tentare di trasformare l’editoriale che l’ex-Presidente di AN ha pubblicato ieri sul suo blog in un intervento che abbia qualcosa a che fare con l’Assemblea di Domenica, è un’operazione assurda che può servire ai giornali per vendere qualche copia in più, ma non ha nulla a che fare con la verità. Fini non è iscritto alla Fondazione, nessuno, a cominciare da lui stesso, lo pensa come leader della Destra del futuro e l’unica cosa che sta facendo è esprimere, peraltro con molto scetticismo, il suo punto di vista.
L’operazione che c’è “dietro” la Mozione dei Quarantenni è molto semplice, anche se qualcuno fa finta di non capire. La diversità dei percorsi e delle ispirazioni ideologiche dei firmatari della Mozione rappresenta bene la molteplicità e il pluralismo culturale della Destra italiana. Un pluralismo che esisteva già nel MSI fin dal momento della sua nascita, e che è diventato molto più ampio con la creazione del centrodestra della seconda Repubblica. Dopo la scomparsa di Alleanza Nazionale, questa molteplicità di percorsi è diventata una vera e propria diaspora che ha portato ognuno di noi verso tante diverse collocazioni politiche e partitiche. Ma il risultato non è stato quello di una maggiore chiarezza ideologica, ma quello di trovarsi “ospiti” in altri Partiti, spesso in condizione di umiliante marginalità, costretti a scimmiottare linguaggi e ideologie che non hanno nulla a che fare col nostro patrimonio culturale. La scommessa oggi è quella di costruire una “casa comune” che permetta la sintesi tra le diverse posizioni della Destra sulla base del valore prioritario, mai messo in discussione a Destra, dell’identità e della sovranità nazionale e della difesa degli interessi permanenti del popolo italiano.
Noi che facciamo parte dell’Associazione Prima l’Italia e che abbiamo aderito a Fratelli d’Italia, impegnandoci in prima persona con candidature e con lavoro militante (cosa di cui gli amici Del Mastro o Donzelli ma anche la stessa Giorgia Meloni sembrano non essersi accorti), abbiamo le idee molto chiare su come declinare le idee di una Destra nazionale e sociale. Lo abbiamo dimostrato con battaglie in prima linea contro la moneta unica, lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, l’ideologia gender. Se il nostro progetto riuscirà, ci confronteremo con gli altri aderenti per far prevalere queste tesi, che sono patrimonio anche di Fratelli d’Italia. Ma lo faremo in un grande Partito, aperto a tutte le componenti della Destra e non subalterno né a Berlusconi né a Matteo Salvini.
Non dimentichiamo che alcuni dei duri e puri di oggi che ci accusano di voler rifondare “una destra salottiera, delicata, in punta di piedi, attenta al politically correct” hanno tentennato a lungo sull’opportunità di uscire dal PPE (forse perché alcuni parlamentari europei di FdI aderivano a questo gruppo) o hanno dialogato con il gruppo dei Conservatori inglesi per evitare eccessive vicinanze con l’ingombrante Marine Le Pen. Se non ci fossero stati questi tentennamenti è molto probabile che Fratelli d’Italia avrebbe superato la soglia del 4% alle elezioni europee. Mi ricordo anche lunghi corteggiamenti ad Oscar Giannino per farlo entrare come economista di riferimento in “Officina per l’Italia”.
Quando Fabio Rampelli (storico parlamentare della Destra italiana) ci ha ricordato qualche giorno fa i costi esosi del tesseramento alla Fondazione (che prevedeva in origine una quota di iscrizione di 300 euro) ha dimenticato forse i 250 euro richiesti come quota di iscrizione ai Dirigenti Nazionali di FdI, che non sono certo tutti parlamentari o professionisti agiati.
Anche la proposta di tenere un nuovo Congresso di Fratelli d’Italia aperto alle nuove adesioni e alla riaggregazione della Destra (ma non è una ripetizione di quanto era già stato detto e promesso per il Congresso di Fiuggi?), appare poco credibile dopo un’Assemblea nazionale, come quella di domenica scorsa, in cui in pochi minuti si è cercato di affrontare e di chiudere un dibattito immenso come quello della posizione da tenere sulla Fondazione Alleanza Nazionale. Un partito nato sull’onda della democrazia negata dal PDL non può replicare i vizi della casa di provenienza, altrimenti rischia di contraddire la propria ragione sociale, soprattutto se il “partito delle primarie” diventa esclusivamente quello dei “nominati”.
Se volessimo giocare la stessa partita dei nostri detrattori dovremmo ricordare loro che il posizionarsi al fianco di Gasparri e Matteoli, ormai definitivamente rassegnati a rimanere nel sistema di interessi di Forza Italia, non è esattamente il pulpito migliore per predicare purezza ideologica e coerenza di comportamenti. Ma cerchiamo di andare oltre a tutto questo e ancora una volta proviamo ad aprire un dialogo e un confronto che fino ad oggi è mancato.
Se sono vere le parole di Giorgia Meloni rispetto alla necessità di riaggregare la Destra, se realmente Fratelli d’Italia ambisce ad essere il fulcro di questa nuova aggregazione, non si può continuare con il muro contro muro, con la demonizzazione delle diverse posizioni, con l’emarginazione di chi ha già aderito a questo Partito. Serve un atto di generosità e coraggio da parte di Giorgia Meloni e della sua classe dirigente, perché dobbiamo arrivare all’Assemblea del 3 e 4 ottobre con un’idea vera di speranza e di unità per la Destra e per l’Italia.
*Componente Direzione Nazionale di FdI-AN e Comitato di reggenza di Prima l’Italia