Non che l’argomento mi appassioni oltre misura, ma in questi giorni se ne parla. Ovviamente in particolar modo sui giornali che ritengono di avere un pubblico di destra, oppure se lo contendono. Tra questi Il Tempo e Libero, testate con le quali mi onoro di collaborare, seppur occasionalmente. Ma proprio per questo le mie piccole e forse non rilevanti considerazioni sull’argomento preferisco scriverle su questa testata, per non “sgomitare” tra le file degli intellettuali e esponenti politici che stanno dibattendo sull’argomento.
Alla fine però mi sembra si stia discutendo piuttosto di cosa sia meglio tra la destra di Berlusconi, la destra di Salvini, la destra della Meloni, la destra di Fitto, la destra di Fini o la destra di qualcun altro, con tanto di sondaggi quotidiani pro o contro. E in tutto ciò io – che pure sono rimasto una personcina semplice, malgrado 30 anni di giornalismo e otto da parlamentare – non ho capito minimamente questa destra “nuova” o “rinnovata” cosa dovrebbe o vorrebbe fare.
Quella di Berlusconi mi è chiarissima, perché sono almeno venti anni che Berlusconi fa il Berlusconi, quindi la sua “offerta” politica è sempre la stessa: “datemi fiducia e carta bianca, accendete la televisione e state tranquilli che penso a tutto io”. Ma non mi sembra che tutti gli altri pretendenti possano fare loro lo stesso messaggio, cambiando soltanto il nome.
Uno può avere anche simpatie e antipatie, ma non è che stiamo scegliendo un candidato del Grande Fratello, non è che uno possa pensare di mettere la propria rappresentanza politica – o addirittura il destino della propria nazione e dei propri figli – nelle mani di uno perché è più giovane, o dell’altro perché è del Sud, o di un’altra perché è femmina eccetera eccetera.
Gli elementi oggettivi che motivano il ritorno alla cronaca del tema di una “rifondazione” sono molteplici. Il principale è rappresentato dai sondaggi sulle intenzioni di voto che vedono Renzi bloccato sotto il 35% e Grillo che non supera il 27%, lasciando evidentemente ampio spazio all’affermazione di un “terzo polo” che potremmo definire di centrodestra. Molti tra analisti e persino ex rappresentanti politici della variegata e spesso indefinita galassia “verde-azzurro-nera” hanno rilevato che oggi esiste un ampio consenso elettorato ma non c’è un partito o una lista che possa rappresentarlo. Come dire che esiste tanto contenuto (liquido) ma nessun recipiente in cui raccoglierlo. Quindi finisce versato in terra, disperso in mille rivoli ed evapora al sole.
A giorni si celebrerà anche un importante momento congressuale e cioè l’assemblea dei soci della Fondazione che ha ereditato i beni e il patrimonio culturale di Alleanza nazionale. Qualcuno vorrebbe che da questa Fondazione rinascesse un partito – secondo alcuni la stessa Alleanza nazionale – ma il confronto sul tema si è fatto a dir poco bollente già da alcuni mesi. Diciamo che le premesse non sono a favore di una soluzione “unitaria”. Ed è un eufemismo…
Poi c’è il continuo rincorrersi di scomposizioni e ricomposizioni di gruppi parlamentari generati dall’ultimo voto legislativo. I parlamentari eletti nelle file del Pdl hanno preso strade diverse e molti non sembrano in grado di restare al proprio posto per più di sei mesi. C’è chi è passato alla Lega e chi ha scelto di seguire Alfano, chi è restato in Forza Italia e chi poi ha seguito Fitto in un altro gruppo e chi ora segue in una ennesima scissione il potentissimo Denis Verdini. All’interno della Lega c’è chi non condivide l’entusiasmo per Salvini e in Fratelli d’Italia chi soffre la straripante personalità della Meloni.
Alla fine tutti hanno fretta di trovare una soluzione, nell’eventualità che le difficoltà di Renzi, di Marino, di Crocetta e del mondo intero, provochino delle improvvise elezioni anticipate. Ma sembra che la ricerca sia appunto sui nomi e non sui contenuti. Una partita che si gioca più sul consenso televisivo e mediatico che su proposte politiche reali.
Qualcuno commenta tristemente ricordando che il Centrodestra era il “primo” Polo e adesso fatica a trovare la strada per diventare il “terzo”.
E gli argomenti su cui si interviene sono quelli scottanti del giorno: l’emergenza profughi, l’emergenza economica, l’emergenza sicurezza… Tutti ti dicono cosa è sbagliato oggi e puntano l’indice addossando le colpe di ieri a qualcun altro; ma nessuno ti dice cosa farebbe domani, non tanto per risolvere i problemi di oggi ma per anticipare e affrontare quelli di domani.
Molto personalismo, molta superficialità, scarsa coerenza, scarsissima capacità di visione. Questi sono i limiti da oltrepassare. Che sia alto o basso, uomo o donna, biondo o calvo non conta, solo chi dimostrerà di essere salvo da queste infezioni potrà proporsi come rifondatore di qualcosa che duri. E soprattutto chi ricordi a se stesso che l’Io è nemico del Noi. La politica non può essere uno sport individuale.