“Tu hai vinto ed io muoio. Ma d’ora innanzi anche tu sei morto”. Guardarsi da fuori e cercare di comprendere la persona che siamo. Non solo. Ma anche guardarsi da fuori e cercarsi, attirati da un lato oscuro e affascinante che è il lato peggiore di noi stessi. Proprio quella parte che ricacciamo e allo stesso tempo ci attrae. William Wilson è uno dei primi doppelganger della letteratura. Il racconto di EA Poe lancia un tema che poi sarà ripreso con altre tinte da altri pensatori. Una storia che ti lascia davanti allo specchio. A riflettere sull’idea che ognuno ha di se stesso. Ti spinge a fare i conti con il proprio io.
William da bambino incontra un compagno di scuola con cui spesso litiga. E che di giorno in giorno si rivela sempre più simile a lui. Stesso compleanno. E’ entrato al college il suo stesso giorno. Si veste come lui. Quando William lascia la scuola, ritroverà il suo ‘amichetto’ (anche lui si chiama William) in giro per il mondo. Dove va lui, c’è l’altro. Prima a Eton, poi a Oxford, infine a Roma. Ad una festa mascherata, William (il protagonista) riconosce il nemico (?) dietro una maschera. E lo sfida a duello. Lo uccide, ma l’altro William, spirando, gli rivela:
“Tu hai vinto ed io muoio. Ma d’ora innanzi anche tu sei morto, morto al mondo, al cielo e alla speranza! Tu esistevi in me, ed ora tu vedi nella mia morte, in questa stessa immagine che è la tua, come abbia assassinato te stesso!”
William ha lottato contro se stesso. Contro la parte peggiore di sè. E’ l’impiegato di Fight Club che trova Tyler Durden. E’ l’Armand D’Hubert del racconto ‘I duellanti’, di Joseph Conrad, che sbatte contro Gabriel Feraud. Sei tu che non riesci a cambiarti.
Edgar Allan Poe si trova al terzo posto della classifica di Visio sugli scrittori più visionari di sempre, dopo le analisi di Il diavolo nel campanile, William Wilson e L’uomo della folla.