Fabio Granata, dopo l’esperienza di Fli e la candidatura alle europee nel progetto Green Italia, il recente saggio dedicato a Paolo Borsellino e pubblicato dalla Eclettica Edizioni, Meglio un Giorno, può segnare il suo ritorno ufficiale nell’area della destra politica?
Io rivendico una coerenza di fondo nel mio percorso personale. Certo, un percorso non sempre caratterizzato dalla più rigida ortodossia. Ma sul piano dei valori mi sono sempre riconosciuto in alcune battaglie indiscutibili: la difesa dei beni comuni, la difesa della legalità, la difesa della sovranità nazionale.
Qual è il messaggio del suo libro?
Parla di vicende più o meno recenti. È un testo in parte autobiografico e declina la scelta di seguire Gianfranco Fini. Storicamente non sono sempre stato al suo fianco. La mia formazione deve tantissimo all’insegnamento di Pino Rauti e Beppe Niccolai. Ma a un certo punto ho creduto che il berlusconismo abbia distrutto le radici più profonde della destra italiana.
Ci spieghi più esattamente cosa intende per berlusconismo.
Come categoria non riguarda la persona in sé, ma il sistema che di fatto ha governato l’Italia a partire dal ’94. A mio avviso, si tratta di un tassello della lunga trattativa tra Stato e Mafia, che parte con lo sbarco in Sicilia degli americani e si ripropone, ed è ormai Storia, con la morte di Borsellino, il magistrato che si oppose a quel ricatto.
Che idea si è fatto di Mafia Capitale?
Come inchiesta ha reso un’ immagine devastante della politica romana. Immagine che ha purtroppo coinvolto Gianni Alemanno e la sua stagione. Conosco Gianni da sempre e avendone condiviso con lui, oltre che una grande amicizia, la guida politica appassionata e innovativa del Fronte della gioventù tra gli anni ‘80 e 90’, e nel rispetto dell’azione della magistratura, non riesco a immaginarlo complice consapevole di un sistema criminale, ma…
C’è un ma?
Già, nonostante la bella intelligenza politica, la sua stagione amministrativa è stata caratterizzata da una gestione confusionaria e priva di visione, una grande occasione perduta. I guai nascono anche dalla sua caparbia volontà di coinvolgimento di spezzoni del nostro vecchio ambiente romano nella nuova era che si apriva con il governo di Roma: ovvero, dare risposte ai camerati era avvertito quasi come un dovere al quale, a onor del vero, lo richiamava tutto il partito fin dai suoi vertici.
Quindi?
Cedere fu un tragico errore: il coinvolgimento di alcuni personaggi risulterà infatti esiziale e determinerà l’esplosione di una gigantesca questione morale. Detto questo, Mafia Capitale non è altro che una delle tante manifestazioni del potere trasversale del partito unico del denaro e degli affari. Dal quale mi ostino a credere Gianni Alemanno estraneo.
Del caso Crocetta-Tutino-Borsellino e quindi delle presunte intercettazioni che riguarderebbero il presidente della Regione Sicilia, invece?
Mi ha suscitato molta amarezza. Evidentemente, quel sistema di potere trasversale che ha governato la Sicilia e l’Italia ha oggi come interlocutore il Partito democratico. Si tratta di realtà ancor più influenzabili rispetto al centrodestra. Che dire, non è cambiato nulla. In questa fase chi governa la Regione è in piena sudditanza nei confronti di Confindustria. Il vergognoso voltafaccia di Crocetta sul Muos è la cifra di questa stagione.
Ultimamente si è avvicinato a Nello Musumeci. Crede che sia davvero lui l’uomo che può rilanciare la destra al Sud?
La sua è un’identità chiara: non è un eretico come me. Ha un aspetto rassicurante e un profilo culturale assolutamente legalitario. Sono tutti ingredienti che possono dare una forte aspettativa, non solo all’elettorato di centrodestra in vista della fine della vicenda vergognosa di Rosario Crocetta, ma anche all’opinione pubblica più vasta.
I cinque stelle non sono nelle condizioni d’intercettarla?
La loro è un’offerta non politica. Ma si capisce perché attecchisce presso gli elettori: perché nel vuoto generale si preferisce sempre votare la rivolta anziché l’appiattimento sul potere.