I giuristi e l’opinione pubblica in Giappone sono scossi da una nuova iniziativa del loro Primo Ministro Shinzō Abe: esponente del mondo politico (ultra)conservatore nipponico. “Duro e puro” Abe, senza rimorsi per il passato imperialista del Sol Levante, tutto preso nel contrastare l’ascesa della Cina e garantire la prosperità della sua nazione. Controverso o meno, ad averne di leader “cattivi” e decisi come lui – ci deprime non poco pensare ai nostri politici europei, grottesche marionette nelle mani della grande finanza speculativa – tanto da legare il proprio nome a una intera visione della Economia: la cosiddetta “Abenomics”.
Di cosa stiamo parlando nella precisione? Di recente Abe ha fatto approvare alla Camera Bassa del Parlamento due disegni di legge che ridefiniscono l’organizzazione dell’Esercito in base a una “reinterpretazione” del tanto discusso Articolo 9 della Costituzione. Per l’approvazione manca solo il voto della Camera Alta, atteso entro settembre. Al momento della votazione, i partiti dell’opposizione sono usciti dall’aula e migliaia di persone hanno protestato fuori dal Parlamento, ma ormai il fatto è quasi compiuto e non ci sarà alcun referendum al riguardo. A dire il vero, le due proposte di legge sono di difficile comprensione persino per gli addetti ai lavori. Tale capziosità giuridica è stata probabilmente voluta dallo stesso Governo, così da poter stravolgere il fondamentale concetto anti-bellico presente nella Costituzione del Giappone.
Come mai Abe ha deciso di proporre queste nuove leggi? Il sopracitato Articolo 9 ha imposto nel Dopoguerra non pochi limiti alla autodifesa del Paese, affidandola nella quasi totalità all’alleato americano, acerrimo nemico di un tempo. Ora sembra proprio che Abe voglia riportare il Giappone a far sentire la sua voce anche con le armi. Il Primo Ministro nipponico non è nuovo a questo tipo di colpi di mano, già durante il suo primo mandato (2006 – 2007), egli aveva provato a cambiare sempre l’Articolo 9; il quale sembra essere una vera ossessione per lui. Non riuscì però nel suo intento, adducendo problemi di salute. Oggi la situazione è mutata, egli ha un folto gruppo di sostenitori sia all’interno del suo schieramento politico, il Partito Liberal Democratico (Jimintō,自民党), sia nell’elettorato non di sinistra. Inoltre, la crescita del colosso cinese ha fatto nascere nella popolazione dell’Arcipelago il desiderio di avere un leader forte e Abe, simpatico o meno, è un politico che ha le idee ben chiare.
Diamogli allora una occhiata a questo Articolo 9: “Aspirando sinceramente ad una pace internazionale fondata sulla giustizia e sull’ordine, il popolo giapponese rinunzia per sempre alla guerra, quale diritto sovrano della Nazione, ed alla minaccia o all’uso della forza, quale mezzo per risolvere le controversie internazionali”. Belle parole, ma come spesso accade per le Costituzioni – noi italiani ne sappiamo qualcosa – i princìpi possono essere modellati in base al volere del Potere Esecutivo. Abe ora sta, giustamente, rivendicando il diritto del Giappone a essere uno stato sovrano a tutti gli effetti, cosa che prevede anche la possibilità di difendersi adeguatamente. Il fatto è, che egli intende far passare il concetto della “difesa degli alleati”, quale elemento fondamentale per la sicurezza nazionale e ciò porterebbe automaticamente le truppe nipponiche al di fuori dei patri confini. Visto che fior di giuristi si stanno interrogando in Giappone per capire bene quale sia la portata della nuova riforma, noi non ci illudiamo chiaramente di poterne fornire qui una interpretazione esaustiva. Possiamo, tuttavia, segnalare un dato politico che è lampante: il Giappone sta tornando, e non è certo una aspirazione recente, a voler avere un proprio esercito – attualmente c’è “solo” il Jieitai (自衛隊, Forze di Autodifesa Giapponesi o spesso chiamate in inglese Japan Self-Defense Forces) – così da ridiventare una potenza mondiale a tutti gli effetti e non solo economica.
La prima proposta di legge intende abrogare 10 commi dell’Articolo 9, in modo da ampliare il raggio di azione del Jieitai, introducendo la nozione di “difesa collettiva”, in sostegno di una nazione alleata; stiamo ovviamente parlando degli USA. La seconda proposta di legge permetterà poi l’utilizzo delle forze armate, come detto, anche all’estero, in qualità di supporto logistico e ciò rappresenta una svolta epocale nella storia contemporanea del Sol Levante… il Giappone ritorna a essere un Paese guerriero! Alcuni giuristi nipponici ritengono che la proposta sia incostituzionale, ma Abe ha ormai deciso e probabilmente ce la farà a portare avanti la riforma. Il premier è stanco di vedere la Patria dei samurai seguire quella che viene chiamata in geopolitica “checkbook diplomacy”: il risolvere le questioni diplomatiche semplicemente sganciando denaro. L’Articolo 9 era diventato la scusa perfetta per tenersi fuori da qualsiasi bega internazionale. Va da sé, che il tutto gode dell’approvazione americana e causerà un aumento notevole delle tensioni con la Cina.
Nel 1960, il premier giapponese Nobusuke Kishi rassegnò le dimissioni dopo essere riuscito a far approvare in Parlamento il “Patto di Sicurezza” con gli americani. Le manifestazioni di protesta furono però talmente violente che egli dovette abbandonare la sua carica. Oggi suo nipote, proprio Abe, sta conducendo una battaglia abbastanza simile, ma dalla quale uscirà indenne. Dalla tomba magari Yukio Mishima sorride almeno un po’. Lui che si uccise il 25 novembre del 1970, in segno di protesta contro il degrado morale del Giappone, incarnato proprio da quell’Articolo 9 che adesso Abe mira a smantellare. Con i suoi giovani seguaci della Tatenokai (la sua milizia privata), Mishima prese d’assalto una caserma nella zona di Ichigaya a Tōkyō. Dichiarando il suo celeberrimo “Proclama”, tentò di far passare un vitale messaggio di dignità nazionale, ma fu irriso dai soldati che lo stavano ad ascoltare.
Che ai giuristi e ai pacifisti in Giappone la politica di Abe possa piacere poco è assai evidente. Noi preferiamo però ricordarci le parole di Mishima e, forse, così facendo, quello di cui qui abbiamo parlato assume una altra connotazione:
“Siamo assolutamente certi che dobbiamo adoperarci al massimo, pur nei limiti delle nostre umili energie, come cittadini di questa Nazione, per far sì che un giorno, con un emendamento alla Costituzione, il Jieitai assurga al suo significato originale di nucleo su cui costruire un esercito, e poi diventi un autentico esercito nazionale”.
Che dire? Abe non sta proprio facendo la cosa sbagliata.