Pubblichiamo un intervento di Fausto Orsomarso, uno dei firmatari della cosiddetta “mozione dei quarantenni”.
Prendendo spunto dal titolo del libro di Angelo Mellone “Nessuna Croce manca”, che richiama all’educazione sentimentale e politica di diverse generazioni dei ragazzi del Fronte della Gioventù e che ognuno di noi leggera’ a breve con grande curiosità, provo ad affidare a Barbadillo le mie modeste e personali valutazioni in merito al dibattito sulla Fondazione di An che è’ anche in sintesi , se si vuole, il dibattito retrospettivo e prospettico sulla nostra storia.
È’ indubbio, rispetto alle tante provocazioni più o meno intellettuali che accompagnano il dibattito, che non si possono riportare indietro le lancette dell’orologio e che la fotografia plastica di quella Alleanza Nazionale, che in modo attivo o passivo portammo in dote alla sfida del progetto politico del bipartitismo italiano, è consegnata alla storia.
Ogni generazione che sia stata viva e attiva, in politica come in qualsiasi altro campo della vita, ha registrato sicuramente anche sconfitte e disillusioni.
Oggi più di ieri, nel tempo dell’economia della conoscenza e della tribuna virtuale offerta al massimo numero di partecipanti dalla cosiddetta ‘democratizzazione della sfera pubblica al tempo della rete’, il rischio da scongiurare è quello che ad animare il dibattito su sconfitte e disillusioni siano per la maggior parte un numero passivo di non attori protagonisti o comparse di quella storia. Il rischio maggiore è che quella storia venga lasciata alla valutazione critica di quelli che ,avendo elementi sommari di valutazione fatti di racconti, cronache scritte male, giudizi o pregiudizi formati stando comodamente in poltrona ad osservare, poco la conoscono già solo per il fatto di non averla vissuta attivamente.
Non voglio soffermarmi su analisi più o meno critiche e sulla cronistoria del dissolvimento fatta di tante scelte singole dettate anche dalla sopravvivenza nella sfera politica locale.
L’Italia vive la sfida di un suo nuovo secolo, come accade ciclicamente, dovendo affrontare come Paese le mutate condizioni sociali ed economiche globali.
Da parte di chi ha la presunzione o la convinzione di sentirsi classe dirigente in grado di rappresentare un pensiero politico e di rielaborarlo per metterlo al servizio della storia, la domanda più semplice da porsi è’: esiste lo spazio politico per la Destra in Italia al tempo dell’Italicum?
La risposta viene dalla storia che ci dice che è sempre esistito e sempre esisterà lo spazio politico per la destra.
L’altra domanda è: quale Destra ?
La risposta, meno scontata, è quella che insieme saremo in grado di elaborare rivendicando una tradizione e saremo in grado di rappresentare chiedendo agli Italiani di concederci una ritrovata dignità politica anche nelle urne.
È’ una sfida sicuramente non semplice e sulla quale la generazione politica dei quarantenni, sei dei quali ci ritroviamo simbolicamente e umilmente firmatari di una mozione sul destino della Fondazione AN e tra i quali (non tra i firmatari) la più esposta in termini di visibilità’ e ruolo e’ su tutti Giorgia Meloni, ha una grande responsabilità .
La responsabilità che avverto e che spero sia avvertita dalla maggior parte di quelli che come me hanno vissuto quella educazione sentimentale e politica del Fronte della Gioventù di cui Mellone scrive è’ ben sintetizzata nelle parole di Pasquale Viespoli che in una intervista a Barbadillo.it ci ricorda, per chi lo avesse scordato, che nella cultura della destra c’è la tradizione e non gia’ la rottamazione.
La classe dirigente di un partito non la costruisci a tavolino. L’esperienza, gli errori, le intuizioni mancate e anche quelle giuste, la conoscenza critica di una comunità che prima che politica è’ sempre stata anche umana, sono tutti fattori determinanti per il futuro e per la crescita.
È’ difficile riassumere tutte le motivazioni, le sensazioni, gli obblighi morali e sentimentali e le convinzioni in una breve lettera.
In questi anni di discussioni pubbliche e private con i diversi attori della nostra storia ho sempre ribadito a Giorgia come a tanti altri che pur graduando le responsabilità di diversi errori, anche gravi e sofferti sul piano politico, non li ho mai analizzati come colpe.
Il miglior e autentico contributo di esperienza da poter riconoscere anche a chi grandi responsabilità ha avuto nella nostra recente storia politica della Destra Italiana è’ proprio quello di offrirgli l’opportunità di rimediare a quegli errori supportando una nuova generazione della Destra.
Per questo parafrasando Mellone credo che ‘nessuna croce è inutile’ .
Per questo trovo anche offensivo e oltraggioso, per quella educazione sentimentale prima che politica, chi derubrica il dibattito sull’opportunità di scongelare quello che prudenzialmente e tecnicamente avevamo congelato come presunto interesse a tesoretti.
Riavere attiva e pulsante Via Della Scrofa come le diverse sedi sparse in tutta Italia è’ una opportunità materiale e immateriale che non rappresenta di sicuro la base culturale e politica per ricomporre una “destra diffusa” ma che di sicuro ne agevola il percorso e ne rafforza l’esistenza.
Rivedere attiva Via della Scrofa preoccupa sicuramente di più quelli che avendo consolidato altre scelte o essendo disinteressati preferiscono vederla chiusa o sede di un museo della tradizione.
Rivedere viva Via della Scrofa vuol dire non rassegnarsi all’idea che non possa nascere al maschile o al femminile un nuovo Giorgio Almirante che viva l’attualità e la modernità del suo tempo nel nome e nel rispetto di quella tradizione senza rassegnarsi all’idea del surrogato della destra interpretato da Salvini o Berlusconi che pur fondamentali o fondanti sono per l’allenza di centrodestra in Italia: oggi.
Ecco il principale errore a cui provare a rimediare è quello di calibrare scelte e lavorare per costruire uno spazio e una proposta politica che non valga solo “oggi” ma che guardi al futuro e che ben si ispiri ai principi espressi nel primo articolo dello statuto del Movimento politico di Alleanza Nazionale.
L’unico rischio che possiamo correre è quello di accettare la sfida del confronto interno anche con chi responsabilmente non si candida a fare la prima linea ma rivuole una destra unita e più forte.
Per questo ‘ nessuna croce è inutile’ .
*Cons. Reg. Gruppo Misto Calabria
Gia’ dirigente regionale AN