Alain de Benoist, Radar sulle strade, telecamere di sicurezza a ogni angolo di strada. Grande è l’impressione di essere sorvegliati costantemente. Con la nuova legge sui controlli, sin dove possono arrivare le derive liberticide?
La nuova legge autorizza l’installazione su reti e server di “scatole nere”, basate su tecnologie di “ispezione di pacchetti informatici in profondità” che consentono di leggere conversazioni private su Internet, intercettare e scansionare tutte le comunicazioni per rilevare, grazie a algoritmi segreti, le parole ritenute “sospette” o i comportamenti “strani”. Inoltre permette anche, senza alcun bisogno di chiedere l’autorizzazione di un giudice, di mettere sotto controllo audio la casa, di entrare nei computer per acquisire il contenuto del computer, le “valigie IMSI-catcher” (antenne che intercettano tutte le telefonate in un determinato perimetro), i “keylogger” (software per la lettura in tempo reale di ciò che una persona digiti sulla sua tastiera), le etichette poste sulle auto, la geolocalizzazione delle persone, dei veicoli e degli oggetti…
Le “scatole nere” permettono anche di analizzare l’insieme dei “metadati”, vale a dire tutte le tracce che si lasciano alle spalle telefonando o utilizzando Internet. Il valore d’un dato essendo proporzionale al quadrato dei numeri di dati a cui è collegato, con l’insieme di un ampio numero di “metadati” è possibile prevedere non solo il comportamento di un gruppo di individui con specifiche caratteristiche, ma di conoscere tutto della vita dei cittadini: le loro relazioni, la loro corrispondenza, la loro pratica di reti sociali, le loro operazioni bancarie, i loro movimenti, i loro acquisti, i loro abbonamenti, il loro stile di vita, la loro età, le loro opinioni politiche, ecc.
Non si tratta quindi più di puntare un bersaglio ma di creare tanti spazi controllati. Nonostante le rassicurazioni delle autorità pubbliche, si sta assistendo a una sorveglianza di massa dei cittadini, anche se non c’è, per la stragrande maggioranza di loro, alcun sospetto di collegamento con qualsiasi reato. Lo stato di emergenza diventa così la norma. La vita privata non esiste più e le libertà pubbliche sono minacciate da una legge che si fissa come obiettivo di sapere se qualcuno fra noi sa chi conosce gente che conosce gente che conosce gente che non è “chiara”. Tradizione “repubblicana”, si ritorna alla legge dei sospetti del 1793. I cittadini si lamentano non senza ragione di non essere compresi. Non riuscendo a essere compresi, saranno ascoltati.
I cittadini, lo si sa da tempo, sono sempre disposti a rinunciare alla libertà per una sembianza di sicurezza. Da qui la Legge del Patriota Usa. Manuel Valls utilizza d’altronde lo stesso argomento: è per lottare contro il terrorismo. Benoît Hamon ha aggiunto, l’anno scorso, che “se non hai nulla da nascondere, non vi è alcun problema a essere ascoltati”.
Richiamo storico. L’8 dicembre 1893, per vendicare Ravachol, ghigliottinato l’anno precedente, l’anarchico Auguste Vaillant fece esplodere alla Camera dei deputati una bomba che non fece alcuna vittima. Pochi giorni dopo, i parlamentari adottarono delle leggi antiterrorismo, presto conosciute come “leggi scellerate” che prevedevano la soppressione della libertà di stampa e il divieto di tutti gli incontri anarchici, anche in un luogo privato. Il banchiere e futuro presidente della Repubblica, Casimir Perier, precisò in quell’occasione che “la libertà di espressione non si applica ai nemici della civiltà”. Non vi ricorda qualcosa? Terrorismo, “civiltà”, restrizione delle libertà, c’è tutto. La “lotta contro il terrorismo” è solo un pretesto, anche se molto classico. Nessuna delle misure della nuova legge avrebbe permesso di evitare gli attacchi di questi ultimi mesi. Inoltre, non si lancia una rete da traino per catturare una manciata di sardine. Quanto a coloro che dicono che non si preoccupano perché “non hanno nulla da nascondere”, che sicuramente meritano il GPIC (Gran Premio dell’ingenuità dei cittadini), questi sono gli stessi idioti che guardano i giochi televisivi o acquistano dalle tabaccherie i gratta-e-vinci nella speranza di fare fortuna. Nel dire questo, rinunciano alle proprie libertà, non rendendosi conto che i motivi addotti dalla legge (la “prevenzione delle violenze collettive” la “ricostruzione o il mantenimento di gruppi dissolti”) sono sufficientemente vaghi per consentire, in base alle circostanze, di mettere sotto sorveglianza della polizia qualsiasi azione concertata per modificare le strutture politiche, sociali o economiche del Paese, tutti i movimenti sociali di protesta, tutti coloro che hanno pareri dissidenti, o che si pemetteranno di contestare in un modo o nell’altro l’ordine stabilito, sia che si tratti dei manifestanti di Sivens o di Notre-Dame-des-Landes sia quelli di Manif pour tous.
I nostri governanti vogliono poter ascoltare tutti, ma sono a loro volta ascoltati, soprattutto da parte degli Usa. Come l’Eliseo avrebbe dovuto reagire alle recenti rivelazioni fatte su questo tema da Julian Assange?
François Hollande avrebbe potuto chiedere l’immediato richiamo dell’ambasciatrice degli Stati Uniti a Washington. Avrebbe potuto concedere il diritto di asilo a Julian Assange, oppure a Edward Snowden. Avrebbe potuto annunciare che la Francia si sarebbe ritirata dalle negoziazioni sul trattato transatlantico. Non ha fatto nulla di tutto questo, perché lui è il vassallo degli Stati Uniti, dai quali dipende anche ormai per condurre le operazioni in cui sono impegnate le nostre forze armate. Da quando la Francia è rientrata nella Nato, avendo perso ogni indipendenza, si è nello stesso tempo vietata ogni reazione.