Pubblichiamo oggi una lettera riguardante l’articolo di qualche giorno fa sui dialetti e lingue lombarde, con risposta dell’autore dell’articolo.
Buongiorno.
Chi vi scrive ha una scuola di lingua e cultura milanese ereditata dai miei genitori che, negli anni ’70, i quali negli anni ’70 hanno ricevuto l’Ambrogino d’oro (quando ancora valeva qualcosa). L’anno scorso la nostra compagnia teatrale ha ricevuto il premio come 2^ migliore compagnia dialettale non professionista lombarda. Tutto questo per dirvi come amo dal DNA la lingua meneghina e la sua storia. Ma mi permetto di dire che il “lombardo” come lingua non esiste in quanto i dialetti sono tanti (almeno 1 per città e paese). Questa non è una opinione è un dato di fatto. Grazie comunque per l’attenzione e mi scuso se la mia può esservi sembrata insolente, ma non è assolutamente mia intenzione.
www.cabaretmilanoduemila.it
Fabio Fumagalli
Gentile Fumagalli,
ciò che lei scrive è spiegato ampiamente nell’articolo pubblicato su Barbadillo il 9 luglio, laddove sottolineo che “il dialetto lombardo non è uno solo, anzi se ne possono contare diversi, ma le radici linguistiche sono principalmente due” e che “come è tipico dell’Italia, anche all’interno delle due grosse famiglie ci sono differenze, inflessioni, vocaboli, accenti che, pur mantenendosi nell’alveo della stessa radice, possono essere sostanziali.” Il titolo dell’articolo fa riferimento al “dialetto lombardo” come unica entità, riferendosi al fatto che la pagina di Wikipedia citata si ripropone di scrivere un’enciclopedia libera utilizzando quella che immagino sia una grammatica e un vocabolario unificati, sia per la radice insubre che per quella orobica.
Difficile definire il valore scientifico dell’operazione, ma è indubbia la valorizzazione che ne potrebbe derivare per i nostri beneamati dialetti, tanto bistrattati dalla scuola italiana, che tiene conto solo dell’italiano. Il ritorno dell’interesse per le lingue locali potrebbe ridare agli studenti il piacere di leggere poeti come Carlo Porta, che scrisse in milanese ad inizio ‘800, in dialetto milanese, che converrà sia assolutamente comprensibile a chi come noialtri si impegna nella conservazione della lingua dei nostri avi.
Francesco Filipazzi