Ventiquattro sigle di associazioni e sodalizi hanno firmato un documento d’intenti per riunire i vari spezzoni di ex alleanza nazionale. Ecco il documento, con riferimenti culturali, organizzativi e pratici: l’invito è rivolto alla Fondazione An affinché sia parte integrante di questo processo di riaggregazione.
Dobbiamo riunificare la Destra italiana.
Lo scioglimento di Alleanza Nazionale ha provocato una diaspora che ha cancellato quest’area fondamentale dallo scenario politico nazionale.
Troppi tra coloro che ancora oggi continuano a credere nei valori identitari della Destra, sono ospiti in altri partiti, promuovono liste civiche e associazioni culturali, oppure restano fermi in attesa di tempi migliori che sembrano non arrivare mai.
La scomposizione della Destra come soggetto politico-culturale organizzato e territorialmente radicato, ha indebolito e di molto, il cosiddetto fronte moderato. Né si possono valutare come inversioni di tendenza la conquista della Liguria o le vittorie della coalizione nei ballottaggi del 14 giugno, il cui buon esito – specie a Venezia – risente di situazioni locali difficilmente esportabili.
L’apporto della nostra area al centrodestra costituisce, per altro, un dato mai abbastanza esplorato. Anche se, sin dagli albori della democrazia bipolare, la vulgata giornalistica ha superficialmente accreditato la tesi dello “sdoganamento” della Destra da parte di Berlusconi, in realtà Alleanza Nazionale ha sempre svolto un ruolo decisivo per accreditare il centrodestra, non solo in termini elettorali – specie nel Centrosud – ma anche in termini d’immagine, di serietà e di onestà.
La Destra politica, dunque, preesiste al centrodestra della seconda Repubblica e deve riuscire ad andare oltre a questa esperienza. Soprattutto oggi che la fine del Popolo della Libertà ha archiviato la prospettiva di un unico grande partito del centrodestra, che non può essere certo rilanciato con astratti richiami alla creazione di un nuovo contenitore sul modello dei Repubblicani americani. In realtà, lo spazio politico che fu di An è oggi un grande vuoto circondato dal populismo moralistico di Grillo, dallo sbilanciamento verso il Nord della Lega e dall’arcipelago di sigle di ispirazione centrista.
Fratelli d’Italia ha cercato di colmare questo vuoto, ottenendo i primi risultati elettorali e mantenendo viva una rappresentanza parlamentare. Si tratta di una presenza che tutti rispettiamo e apprezziamo, a cui molti di noi hanno aderito o dato sostegno. Ma dopo tre prove elettorali, dal 2013 ad oggi, appare evidente che manca qualcosa, dal punto di vista organizzativo e politico, per aspirare a coprire almeno lo spazio elettorale che era di Alleanza Nazionale.
Chi sottoscrive questo documento non vuole dividere, né creare nuove sigle che si aggiungano a quelle esistenti. La nostra ambizione è ben più impegnativa: riunificare tutti i segmenti della diaspora, a cominciare dai più consistenti come Fratelli d’Italia per finire con le realtà più disperse. Le crescenti quote di astensionismo ed il radicamento elettorale di forze troppo sbrigativamente definite “antisistema” ci impongono di lanciare un messaggio forte e chiaro alla Destra dispersa. E dobbiamo farlo senza creare barriere tra giovani e anziani, “nuovi” e “vecchi” della politica, perché il fardello della crisi in cui si dibatte l’Italia esige la presenza organizzata e radicata della Destra, non solo sul piano politico ed elettorale, ma anche su quello programmatico e sociale.
È evidente che in prima fila nel nostro Progetto ci dovranno essere i “giovani” e i “nuovi”, in particolare quelli che provengono dal territorio e da esperienze elettive negli enti locali. Ma è altrettanto chiaro che questi, per essere vincenti in un momento così difficile, devono avere l’aiuto e il supporto organizzato di chi ha maggiore esperienza politica e più consolidato radicamento sociale.
È tutt’altro che un folle e disperato tentativo. Al contrario, è un progetto ambizioso che, a differenza di quanto spesso è capitato nella storia italiana, non segue un “grido di dolore” lanciato da elite sociali o da avanguardie culturali, ma si preoccupa piuttosto di interpretare il silenzio civico di quote sempre più cospicue di nostri connazionali. L’area del non-voto – nonostante la virulenta predicazione antipolitica di Grillo e Salvini – comincia ad assumere gli inquietanti contorni di un totale rifiuto di tutto ciò che si presenta come pubblico, politico, istituzionale.
È il segno che nell’offerta politica manca qualcosa. Forse manca una credibile rivendicazione della sovranità nazionale, che per essere efficacemente difesa in Europa va innanzitutto recuperata nei confronti delle regioni, delle autonomie locali e dei troppi interessi particolari che dividono l’Italia. E’ assente un serio messaggio sulla crisi demografica e sul senso di appartenenza nazionale, che deve essere la naturale premessa per affrontare in termini seri e decisi questioni epocali come l’immigrazione incontrollata o la fuga dei giovani dalla nostra terra. I temi della sicurezza e della legalità non possono essere ridotti solo all’emergenza corruzione, ma devono riguardare flagelli altrettanto devastanti come la diffusione delle droghe e il degrado delle città. Su ognuna di queste questioni solo la cultura di destra può dare risposte reali, non di semplice denuncia ma di vera cultura di governo. È una strada impervia e lo sappiamo. Ma chi, oggi, nel fronte alternativo alla sinistra, può vantare condizioni migliori? Esistono forse nel centrodestra forze politiche non lacerate da crisi e scissioni, o non segnate da limiti geografici e carenze culturali?
Noi non partiamo da zero. Abbiamo un punto di riferimento nella Fondazione Alleanza Nazionale, nata in parallelo con lo scioglimento del Partito proprio in funzione di garanzia e àncora di salvezza della Destra. Anche prescindendo dalle risorse, finanziarie e immobiliari, lasciate in eredità per dare continuità ai progetti e ai valori della Destra senza sottostare a condizionamenti altrui, la Fondazione è un luogo simbolico, lo spazio politico-giuridico dove potersi ritrovare. Non per fermarsi ma per rimettersi in viaggio. Tutti insieme, verso nuove forme organizzative e rinnovati obiettivi politici.
Naturalmente, un percorso così impegnativo va costruito su un Patto che chiarisca regole e contenuti di questa aggregazione, aperta a tutti i partiti, i movimenti, le associazioni e le singole personalità che fanno riferimento alla Destra italiana.
La realizzazione di una Casa comune impone trasparenza, rappresentatività e partecipazione, azzerando ogni rendita di posizione. Solo così sarà possibile rigenerare le forme dell’organizzazione politica, superando la logica dei partiti personali, dei “cerchi magici”, degli apparati clientelari e del condizionamento dei poteri forti.
PERCORSO
1. Ogni organizzazione che si riconosce in un’identità di Destra può sottoscrivere questo Patto, indicando i suoi rappresentanti e permettendo di valutare in modo trasparente la propria rappresentatività. In questo modo Forumdestra si potrà trasformare in una stabile confederazione di diverse sigle e partecipare in modo coordinato ad ulteriori processi di aggregazione, nuovi o preesistenti, in modo che il processo possa essere federativo e unificante per tutta l’area della Destra, senza egemonie e posizioni precostituite. Nessuna chiusura pregiudiziale può essere avanzata, perché abbiamo bisogno di tutti coloro che vogliono contribuire a questo percorso.
2. La Fondazione Alleanza Nazionale deve scegliere, attraverso l’Assemblea dei suoi iscritti, se continuare a essere un museo, trasformarsi in un centro studi, oppure – nel totale rispetto del proprio Statuto – promuovere un nuovo progetto politico per riunificare la Destra, come noi auspichiamo. Per realizzare questo obiettivo è necessario affiancare agli organi statutari della Fondazione un “Comitato dei promotori”, che guidi il processo di aggregazione, e un “Comitato dei garanti” che ne verifichi la trasparenza e correttezza. Nel primo Comitato devono trovare rappresentanza tutte le realtà che partecipano a questo percorso, compresi i firmatari del Patto di Forumdestra. Il “Comitato dei garanti” deve essere costituito da persone di notoria imparzialità e di riconosciuta autorità morale.
3. Il “Comitato dei promotori” deve avviare un approfondito confronto con tutti i partiti politici, i movimenti e le associazioni che si riconoscono nei principi e nei valori della Destra politica italiana, per condividere il percorso, le regole e i contenuti. Questo confronto deve avvenire prioritariamente con Fratelli d’Italia che rappresenta oggi l’unica formazione dichiaratamente di destra dotata di una rappresentanza parlamentare e che ha legittimamente utilizzato, con l’autorizzazione dell’Assemblea degli iscritti della Fondazione, il simbolo di Alleanza Nazionale per presentare liste nelle diverse competizioni elettorali che si sono svolte da marzo 2014 a maggio 2015.
4. in base ai risultati di questo confronto, il “Comitato dei promotori” deve indire, nelle forme più idonee a suscitare la massima partecipazione popolare, un’Assemblea programmatica, da svolgersi entro il 2015, aperta a tutti i cittadini italiani che si riconoscono nei valori e nei principi della Destra politica italiana, a cominciare da coloro che in passato sono stati iscritti al Movimento politico Alleanza Nazionale.
REGOLE
1. In tutti i passaggi dell’aggregazione devono essere rispettati i criteri di rappresentatività, meritocrazia e radicamento territoriale. Lo strumento principale per attuare questi criteri è quello della democrazia diretta, senza chiusure pregiudiziali e senza rendite di posizione. Chiunque può iscriversi e partecipare all’aggregazione, sia come singolo che come associazione portatrice di iscritti. I processi decisionali devono avvenire nel modo più aperto e semplice possibile, anche con l’aiuto del web.
2. Il “Comitato dei garanti” deve verificare la libertà di accesso all’iscrizione, il rispetto dei diritti dell’iscritto e delle minoranze. Deve essere garantita la trasparenza assoluta delle fonti di finanziamento, dell’utilizzo delle risorse e della vita interna dell’aggregazione.
3. In ogni scelta politica e organizzativa deve prevalere il criterio della collegialità e della condivisione e solo di fronte a contrasti irrisolvibili quello della maggioranza.
CONTENUTI POLITICO-PROGRAMMATICI
Dobbiamo distinguere tra contenuti comuni a tutto il centrodestra e contenuti distintivi della Destra. Bisogna lavorare su questo doppio livello per permettere di identificare il perimetro della Destra, senza isolarla all’interno dello schieramento di centrodestra.
A) CONTENUTI COMUNI A TUTTO IL CENTRODESTRA
1. Difesa della libertà e della dignità delle persone e delle famiglie, valorizzazione della libertà d’impresa e di iniziativa economica. Per tutte le formazioni politiche del centrodestra vale, come distinzione dalla sinistra, una maggiore attenzione alle forme concrete della libertà, purché queste non contrastino con i doveri, i diritti e la dignità della persona umana.
2. Liberazione dall’oppressione fiscale che caratterizza la realtà sociale ed economica italiana. Non si tratta soltanto di una ricetta economica ma del rispetto della libertà degli individui e dell’autonomia della società civile, visto che da sempre l’oppressione fiscale è il principale strumento delle tirannidi e dello statalismo.
3. Lotta alle burocrazie e all’eccesso di regole. I famosi “lacci e lacciuoli” che vincolano lo sviluppo economico e civile, derivano dalla proliferazione delle regole e dal potere dei burocrati che su queste regole devono vigilare. Le mancate riforme costituzionali e i conflitti tra i poteri istituzionali aumentano i vincoli e l’arretratezza del sistema italiano.
4. Garantire il giusto processo e tutelare la sicurezza dei cittadini. L’eccessivo potere burocratico e politico delle diverse magistrature mette in discussione i diritti fondamentali del cittadino, senza per questo garantire la sicurezza e la certezza della pena di fronte alle diverse forme di criminalità.
B) CONTENUTI DISTINTIVI DELLA DESTRA
1. La centralità della Nazione. La Destra mette l’identità, l’unità e l’interesse nazionale, i valori della Patria italiana, al centro della sovranità politica. Tutte le alleanze e le appartenenze sovranazionali, perfino l’Unione Europea, devono rispettare questo principio di sovranità, su cui si organizza la democrazia, la cittadinanza e la coesione sociale. Anche per altri partiti del centrodestra la Nazione è importante, ma viene nettamente subordinata al sistema occidentale ed europeo, o al federalismo regionale e locale. Per la Destra l’Italia fa parte dell’Unione Europea se e perché corrisponde al nostro interesse nazionale, per i rappresentanti italiani del Ppe (come per il Partito Democratico) dobbiamo sempre “costringere” l’Italia ad essere compatibile con l’Unione. Per la Lega la sovranità nazionale è utile nella misura in cui serve economicamente alle regioni del Nord, mentre per la Destra questa sovranità si basa su una comunità di destino superiore ad ogni appartenenza locale o regionale e quindi su un’Unità nazionale intesa non solo come integrità territoriale ma come integrazione socioeconomica tra Nord e Sud. Per la Destra ha poco senso parlare di cultura e di educazione se non si parte dalla Nazione, dalla sua lingua e dalla sua civiltà, soprattutto quando questa Nazione si chiama Italia.
2. Il senso dello Stato. Il significato fondante dello Stato, di fronte alle degenerazioni dello statalismo, è stato messo pesantemente in discussione all’interno del centrodestra, al punto quasi da consegnarlo come bandiera politica alla Sinistra, che invece era, è e sarà sempre fazione. Per i cristiano-democratici, per la Lega federalista, per gli ultra-liberisti di Forza Italia, lo Stato è una sorta di male necessario, da ridurre al minimo indispensabile per garantire la sicurezza dei cittadini. Per la Destra lo Stato è invece l’espressione vitale ed operativa della Nazione e quindi uno strumento fondamentale per individuare democraticamente e per realizzare concretamente i grandi obiettivi di civiltà e di sviluppo della comunità nazionale. La Destra vede nello statalismo l’esatta negazione del vero principio dello Stato, non semplicemente la sua crescita abnorme. La Destra sa che la delegittimazione e il depotenziamento dello Stato-nazione è spesso funzionale al dilagare di poteri forti ed irresponsabili (nel senso che non rispondono del loro agire), ad interessi particolari, all’illegalità e quindi alla sopraffazione delle persone, delle famiglie, delle comunità e delle imprese. Dalla forza e dall’autorevolezza dello Stato dipende la tutela di valori resi ancora più importanti nei tempi che viviamo, segnati dalla minaccia fondamentalista e dal dilagare della criminalità: la sicurezza interna ed internazionale, la legalità, la legge e l’ordine, il diritto al giusto processo e la certezza della pena. Proprio per dare piena legittimità allo Stato-Nazione, la Destra vuole da sempre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e una democrazia partecipativa, mentre difende la dignità del pubblico impiego, a cominciare dalle Forze armate e dalle Forze dell’Ordine.
3. La Solidarietà comunitaria. La Destra politica italiana è sempre stata, più o meno consapevolmente, una Destra sociale, per il suo radicamento nella Dottrina sociale cattolica, per il suo sentimento nazionale e popolare, per il suo pensiero economico interclassista e attento al ceto medio, per l’idea di Mezzogiorno nazionale, il cui effettivo e completo recupero alla storia e all’interesse dello Stato è ragione costitutiva e fondante della propria azione politica. Appartiene alla Destra non una astratta “socialità” fondata su apparati burocratici assistenziali, retoriche umanitarie e ideologie egualitarie, ma una solidarietà attiva e comunitaria che parta dal valore sociale della famiglia, dalla funzione aggregatrice dei corpi intermedi, dalla sussidiarietà sociale rappresentata dal volontariato e dall’associazionismo, dalla diffusione popolare della proprietà (a cominciare da quella della casa). Una solidarietà che è comunitaria perché riconosce il valore del prossimo e delle appartenenze, che ha il coraggio di tutelare prima gli italiani che hanno bisogno di aiuto, contrastando l’immigrazione incontrollata, senza per questo cadere nell’egoismo e nell’indifferenza rispetto ai drammi degli altri popoli e di tutto il genere umano. Una solidarietà che diventa politica economica nel difendere il reddito, il potere d’acquisto e il diritto alla proprietà del ceto medio e dei ceti popolari.
4. Il Made in Italy e il lavoro italiano. La Destra crede nella libertà d’impresa, ma sottolinea che anche in economia esiste l’interesse nazionale, che deve essere tutelato con strumenti forti, utilizzabili dalla politica attraverso l’intervento pubblico e dalla società civile attraverso i corpi intermedi. Senza questi strumenti le piccole e medie imprese vengono delocalizzate e travolte dalle multinazionali, i marchi del Made in Italy vengono comprati da capitali stranieri, l’economia reale radicata nel territorio cede il posto a quella finanziaria e speculativa, il lavoro italiano non può essere tutelato nei suoi diritti e nel suo reddito. Lo sviluppo dell’economia nazionale impone di promuovere il Made in Italy, la cultura d’impresa, la piena occupazione e la partecipazione dei lavoratori, valori che devono essere preservati dagli effetti perversi della Globalizzazione e dalle asimmetrie che esistono nell’Unione Europea, aggravate dalle politiche di rigore di Bruxelles che strangolano i consumi e alimentano la piaga della disoccupazione.
5. I Valori non negoziabili della persona. La Dottrina sociale cristiana, il diritto naturale e la cultura umanistica ci consegnano i primi valori non negoziabili: la vita dal concepimento fino alla morte naturale, la libertà e la dignità della persona umana, la natalità, la famiglia fondata sul matrimonio, l’educazione, l’onestà e la verità. Da questi la Destra deriva gli altri valori civili – come il merito, il rispetto, il pubblico decoro, il coraggio, l’onore e la fedeltà – e grandi battaglie di civiltà come quella contro l’ideologia gender e il dilagare delle droghe. La Destra non fa sconti su tutti questi valori, né a chi vuole imporre mediazioni politiche di comodo, né a chi suggerisce di “modernizzarsi” in nome del relativismo, né a chi confonde l’umana solidarietà con il buonismo e il perdonismo, né a chi chiama omofobia e discriminazione il naturale rispetto delle differenze di genere e il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre. Derive di questo genere hanno trovato spesso spazio all’interno del centrodestra, non a caso proprio quando la Destra ha rinunciato a svolgere il proprio ruolo.