“E noi non sapevamo che diavolo gli prenda ogni tanto alla poesia
che scaglia contro le ciance arroganti degli altissimi venti
versi spensierati dai capelli sciolti…”
Come non leggere in questi versi la lucida e scanzonata coscienza poetica che irride alla dichiarazioni altisonanti, retoriche e false di certi (mal)governanti nostrani e non? Questi versi sono tratti da “Il funambolo e la luna”, un poemetto scritto nel 1982 dal poeta greco Ghiannis Ritsos e li propongo come un omaggio alla Grecia, strangolata dagli eurocrati di Bruxelles e dai plutocrati del FMI (Fondo Monetario Internazionale), alla vigilia di una difficile consultazione popolare. Da un lato l’orgoglio nazionale e la libertà, dall’altro la rassegnazione e la paura, da un lato il NO, dall’altro il SI’ a quest’Europa delle banche, che disprezza ed opprime i popoli. Nel poemetto di Ritsos il funambolo “il bel funambolo, amante della luna, sospeso su nei cieli” simboleggia l’artista innamorato della vita, che vuole cogliere “la contraddittoria, erotica bellezza del mondo”, tutti gli aspetti del mondo, la sua polifonia, dal passo sghembo di una formica agli scarponi dei soldati che sembrano “froge di mitici mostri dilatate in un profondissimo ritmo di quiete”, e canta insieme la quotidianità e il mito. Il funambolo, che non si nasconde i pericoli, i rischi, i problemi, ci propone una visione più ampia, più umana, magmatica della realtà e dei suoi nessi segreti, che si contrappone ad una visione della vita economicistica, unilaterale, triste.