Saranno almeno duecentomila persone, sabato 20 giugno, a Roma per dire no alle teorie del gender. “Promuovere il diritto del bambino a crescere con mamma e papà” è la parola d’ordine. La manifestazione è stata indetta dal comitato Difendiamo i nostri i figli. “C’è un grosso fermento popolare, ve lo assicuro”, fa sapere a Barbadillo Filippo Savarese, portavoce di La Manif pour Tous Italia, nonché uno dei motori della macchina organizzatrice che sta allestendo il raduno capitolino. Intanto i vertici di Comunione e Liberazione hanno dichiarato che non aderiranno ufficialmente alla manifestazione di piazza San Giovanni. Un’opzione che assieme ai distinguo di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha suscitato non poche reazioni dentro e fuori il recinto cattolico.
Come la mettiamo con la posizione di Cl?

Diciamo che non ci demoralizza affatto. Anche perché il comitato non è aperto all’adesione di movimenti o associazioni, ma alla partecipazione delle famiglie. Dall’altra, sappiamo che ci sono tantissimi aderenti di Cl che si stanno mobilitando.
Ribelli?
Affatto. In fondo, è lo stesso movimento che ha lasciato massima libertà individuale. La questione della mancata adesione ufficiale non ci tocca dunque, appunto perché non era chiesta.
Temete che la posizione di Galantino possa sortire effetti in negativo sulla riuscita della mobilitazione?
È ovvio che quando si organizza una manifestazioni più consensi ci sono e meglio è. Nei fatti però il Pontificio consiglio per la famiglia, nei scorsi giorni, si è espresso favorevolmente sulla buona riuscita dell’evento. Stessa cosa da parte del presidente della Cei. Nelle ultime due settimane, infatti, il cardinal Bagnasco ha espresso i suoi auspici. E per essere più esatti, c’è che Galantino, anche ultimamente, ha detto di non essere affatto contrario alla nostra manifestazione.
Qual è allora il punto?
Ha ribadito che all’interno della Chiesa esistono diverse possibilità di azione. Ma il nostro comitato non è strettamente cattolico e riunisce diverse realtà. A partire da quella di Manif, di cui faccio parte, che rappresenta anche la voce di atei e anticlericali.
Il linguaggio che adottate fa pensare che con la legge Scalfarotto e con l’approvazione del ddl Cirinnà, l’Italia vada verso una svolta pericolosa. Ci faccia capire cosa temete davvero?
Noi ci riferiamo a quanto hanno già espresso Stefano Dolce e Domenico Gabbana, ovvero che si nasce avendo un padre e una madre. Questo è un dato che varrà sempre, al di là della tecnica adottata per concepire. Detto ciò, nei mesi scorsi ci siamo accorti che la legge Scalfarotto si prestava a criminalizzare opinioni, a prescindere dal merito di queste. C’è però che in Italia alcune opinioni hanno per lo meno il rango della costituzionalità, perché la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio.
E chi lo dice?
Che il matrimonio possa essere soltanto tra uomo e donna lo ha già chiarito la Corte costituzionale. Ma non c’è problema, ci pare che il testo Scalfarotto sia stato messo da parte anche da chi lo sosteneva, appunto per dei limiti fin troppo evidenti. E non scendiamo in piazza per questo.
C’è però che in merito agli strumenti di diffusione delle teorie gender sia tutt’altro che chiusa, stando a quanto affermate?
Premetto che le teorie gender non sono al centro della nostra manifestazione. Detto ciò. Secondo i sondaggi, per il 70% degli italiani, il matrimonio è tra uomini e donne, è nel senso comune. Ma ciò non lo si può dire in televisione, non lo si può scrivere, non lo si può argomentare nel convegni che subito scattano le proteste, i boicottaggi.
Come definisce questo clima?
Parlerei di una dittatura larvata. C’è un clima di ostilità. Non c’è dubbio. In Italia c’è chi, pur di non farti esprimere certi concetti, è disposto a viaggiare da una città all’altra per piazzarsi davanti ai teatri dove si celebrano i convegni.
Venendo alla vostra manifestazione, crede che le attuali politiche del governo Renzi siano in favore, anche economicamente, delle famiglie?
Anche qui, le valutazioni rispetto alle politiche dell’Esecutivo non riguardano la manifestazione del 20 giugno. Il comitato organizzativo ha fissato un scopo assai circoscritto, che è la libertà educativa della famiglia. Certo, è utile, anzi ovvio, che un governo possa agire per il bene della famiglia. Ma non è negli scopi del nostro comitato approfondire il tema.
Quindi siete apolitici.
Assolutamente sì, qui non si tratta di giudicare delle politiche. Abbiamo un tema e su questo scenderanno in piazza atei, cristiani, musulmani, giapponesi, coreani, etc.
Cosa si aspetta dal Sinodo sulla famiglia?
In quanto cattolico, mi aspetto che aiuti le famiglie ad affrontare quelle situazioni di sofferenza che nell’esperienza quotidiana l’azzoppano. Questo è un sinodo pastorale che non è chiamato a ridiscutere i temi generali della famiglia, bensì a sanare quelle ferite che molti nuclei hanno subito.
Si spieghi.
Buona parte dei clochard, oggi, sono mariti divorziati. Qui non entro sul tema del divorzio, ma sulle sue ricadute sociali che sono sempre più allarmanti
Crede che dal mondo dell’immigrazione, penso in particolare a quella islamica, possa arrivare un nuovo impulso sulla morale familiare?
Un contributo può arrivare da chiunque. Ma qui non si tratta di dottrine, ma, e lo ripeto, di antropologia. La famiglia è un bene della persona. Penso al tema della nostra manifestazione, queste grandi tradizioni culturali possono aiutarci a far capire a chi è più scettico che in gioco non c’è un’opzione a sfondo confessionale, ma il bene dei nostri figli.