Nel contesto dell’iniziativa “Libri al Contro-Lingotto”, si è tenuta a Torino all’Osa la presentazione del libro “Sbirri di regime. Crimini nel Ventennio”, curato da Gianfranco de Turris (Edizioni Bietti).
Il Ventennio si è nuovamente tinto di giallo nei locali di un’ex palazzina dei vigili urbani che era in completo stato di degrado, ignorata dal Comune. L’ Occupazione a Scopo Abitativo (Osa) Lingotto nata nel 2013 dall’iniziativa di alcune famiglie italiane gettate in mezzo alla strada dalla crisi, che con l’aiuto di Soccorso Tricolore si sono stabilite qui, sta diventando sempre più un avamposto vivo e vissuto anche culturalmente, una barricata di sogni e speranze, in una città che pare aver dimenticato i suoi figli.
A parlare del libro sono stati i giornalisti Giorgio Ballario de “La Stampa”, e Augusto Grandi de “Il Sole24Ore”.
Ambientati tra il 1922 e il 1945, i racconti di questa che è una vera e propria antologia, vedono come protagonisti i servitori dello Stato di quel tempo, dalle semplici Camicie Nere alle forze di Polizia, dai Reali Carabinieri alla Milizia, dai Finanzieri agli agenti dei servizi segreti. Intrighi, crimini e sparizioni si rincorrono e intrecciano, dall’Italia all’Etiopia. Ventisei frammenti, storicamente documentati, a condurre il lettore nei tumultuosi anni del fascismo, attraverso indagini e misteri.
Dal dibattito è emerso come si sia osato affrontare un argomento ancora tabù, nonostante siano trascorsi oltre novant’anni dalla Marcia su Roma, e settanta dalla morte del fascismo, pare che la sua storicizzazione non sia mai avvenuta, che non ci sia mai stato un ripensamento collettivo su questo momento della storia patria, che sia sempre e comunque ritenuto una parentesi da ignorare, o demonizzare, o rigettare in ogni suo aspetto.
“E poiché a noi non piace stare nel coro e abbiamo affrontato il tema, anche sotto l’aspetto della narrativa politica, in maniera non pregiudizialmente anti, ebbene peste ci colga e ci coglierà” ha ribadito il Consigliere regionale Maurizio Marrone.
Nessuna apologia di reato, nessun tentativo di ricostituzione del partito fascista, ha decretato Daniele Abbiati su Il Giornale: “Al contrario, qui la lingua degli autori di oggi batte su un dente assai dolente durante il regime, quando si tendeva a mettere il silenziatore ai casi di cronaca nera”. Come quello di Leonarda Cianciulli, la famosa “saponificatrice di Correggio”.
Emilio Radius il 29 aprile del ‘ 39 scrisse sul Corriere della Sera: “Il problema del romanzo giallo è un problema autarchico ed è un problema morale. Il romanzo giallo italiano, se è destino che si debba scrivere anche noi romanzi gialli, per non importarne troppi e per non importare, con la carta stampata, costumi, usi e vezzi, dovrebbe uniformarsi al vero ragionevolmente drammatizzato e non cadere in una manieraccia dalla quale è poi impossibile spremere una stilla di commozione o di interesse non effimero: ingegnarsi di descrivere davvero la lotta della giustizia contro la delinquenza, fare un uso prudente ed accorto dei necessari artifici e lasciar posto alla realtà”.
“Ecco, la ‘realtà’ – ha fatto ancora notare Abbiati – . Quella che, a esempio, permeava le inchieste del commissario De Vincenzi di Augusto De Angelis, ma anche i libri diciamo così ‘militanti’ di Carlo Brighenti, con il suo commissario Orazio Grifaci del Servizio Speciale della Polizia Criminale, e di Romualdo Natoli, con l’ispettore nazista Welf Schurke, della Polizia Criminale di Berlino”.
Si parte, con il racconto di Gabriele Marconi, proprio da un fresco reduce della Marcia su Roma alle prese con un annunciato attentato anarchico a Vado, paese ligure rosso-nero per eccellenza, nel 1922, e si arriva al 1945, con quello di Maurizio Ponticello, cioè ai sussulti finali (o quasi) dell’Italia mussoliniana, dove la partigiana Floriana Mussi, dopo aver preso a calci il tenente Temistocle Girolàmi, “si guardò le unghie corte e sporche di terra, ricordò quando erano lunghe e laccate, prima che scoppiasse il finimondo conduceva una vita da signora. Le chiuse con rabbia nel palmo, sferrò un pugno al volto del recluso, si passò la mano intorpidita con le dita a pettine tra i capelli ricci stendendoli per un attimo e fece come per andarsene”.
Insomma, Sbirri di regime. Crimini nel Ventennio che annovera fra gli altri due big del genere ucronico di ambientazione fascisteggiante come Pierfrancesco Prosperi e Mario Farneti – è stato spiegato nella serata torinese -, è una lunga marcia non soltanto su Roma, ma sull’intero Paese, tra figli della Lupa e di buona donna, balilla e balenghi, vendicatori e vendicati, sporcata dal sangue dei vinti e dei vincitori.