Gli irlandesi del rugby di inni ne cantano due. La palla ovale ha fatto molto per essere esempio di unione pacifica nella verde isola di Irlanda, ma la storia di questo paese non è stata facile e – come per tutti i popoli celtici delle isole britanniche – gira intorno alle guerre di liberazione dal potente vicino inglese.
Due momenti particolarmente densi di emozione sono stati quelli vissuti in questi giorni in Italia, con gli irlandesi impegnati nel Mondiale Under 20: a Parma successo per 18-16 contro l’Argentina, e a Calvisano 24-20 sulla Scozia. Per il momento dunque i Verdi viaggiano a punteggio pieno.
L’Irlanda del Nord, costituita nel 1920, capitale Belfast, più o meno due milioni di abitanti in un territorio più piccolo della Calabria. E l’Irlanda del Sud, cioè l’Eire, costituita nel 1922, capitale Dublino, quattro milioni e mezzo di abitanti in un territorio grande quanto Piemonte, Lombardia, Liguria e Veneto. L’Irlanda del Nord, che fa parte del Regno Unito. E l’Irlanda del Sud, che è la Repubblica d’Irlanda. L’Irlanda del Nord, protestante. E l’Irlanda del Sud, cattolica.
Ma quando si gioca a rugby, non esistono più confini, frontiere, divisioni – come ha bene descritto uno dei più bravi cantori della palla ovale in Italia, Marco Pastonesi -. C’è una sola religione, ovale, e c’è una sola Irlanda, che comprende l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda, che opera sotto la giurisdizione della Irish, Rugby Football Union, che non viene identificata dalla bandiera nazionale irlandese, ma da uno speciale vessillo, lo “shamrock”, un trifoglio, che simboleggia in modo generico l’Irlanda intesa come isola, ma che secondo San Patrizio, il monaco che converte l’Irlanda al cristianesimo nel quinto secolo, simboleggia anche il concetto di Trinità. E c’è un inno, l’inno della Nazionale irlandese di rugby, “Ireland’s Call”, la chiamata dell’Irlanda: “Viene il giorno, viene l’ora, viene il potere e la gloria, siamo venuti rispondendo alla chiamata del nostro Paese dalle quattro fiere province d’Irlanda. Irlanda, Irlanda, insieme, in piedi, spalla contro spalla, risponderemo alla chiamata dell’Irlanda”.
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Ufficialmente il rugby, in Irlanda, nasce nel 1854, nella Dublin University, e il Trinity College a Dublino è il più antico club irlandese di rugby, anche se c’è chi considera il più importante club dell’epoca i Wanderers, fondati sempre a Dublino ma nel 1872, da R.M.Peter, il padre del rugby irlandese. Per lo storico Jacques McCarthy, “in Irlanda il football si divide in rugby, in calcio e in gaelico. Nel rugby si prende a calci il pallone. Nel calcio, se non si prende a calci il pallone, si prende a calci l’uomo. E nel gaelico, se non si prende a calci l’uomo, si prende a calci il pallone”. Il primo match della Nazionale irlandese di rugby risale al 1874, contro l’Inghilterra, a Londra, ed è una sconfitta. Non si gioca quindici contro quindici, ma venti contro venti, e il venti irlandese è formato da dieci giocatori di Dublino e da dieci di Belfast. Il bello è che i venti irlandesi in campo neanche si conoscono. Il primo incontro in casa è dell’anno successivo, il 1875, a Dublino, ancora contro l’Inghilterra, e ancora una sconfitta. Per conquistare la prima vittoria, gli irlandesi devono aspettare l’undicesima partita, nel 1881, a Belfast, contro la Scozia.
A chi gli chiedeva come fosse possibile per un irlandese del Nord giocare insieme con un irlandese del Sud, Mike Gibson, uno dei più forti rugbisti irlandesi di sempre, rispondeva: “Semplice. Il sabato della partita ci si dimentica tutto e non si chiede nulla. In testa non c’è altro che una sola idea: battere gli inglesi, o gli scozzesi, o i francesi, o chiunque altro. Il rugby ha questa straordinaria capacità di farci sentire fratelli almeno una decina di volte l’anno”.
La verità è che tutti gli irlandesi sono un po’ rugbisti, e forse tutti i rugbisti sono un po’ irlandesi. Duri, tosti, guerrieri, ignoranti. E l’ignoranza, nel rugby, è un complimento.
I due inni – “Il canto del soldato”, “Amhran na bhFiann” in gaelico che ricordiamo è la prima lingua ufficiale della Repubblica di Irlanda, e “Soldier’s Song” in inglese, racconta la storia del soldato irlandese che si batte contro i nemici di sempre, gli inglesi chiamati “tiranni” e “sassoni”; il testo ricorda gli aiuti che le comunità irlandesi nel mondo, dagli Usa in primis, hanno dato alla causa della indipendenza ed ai suoi combattenti. Musica scritta nel 1910 da Patrick Heeney, compositore irlandese non così talentuoso, il testo si deve invece a Peadar Kearney, militante dell‘Ira, l’esercito di liberazione irlandese fa chiaro riferimento ai moti di Irlanda dell’Ottocento e dei primi del Novecento. È un inno bilingue, si può cantare un pezzo in gaelico ed un pezzo in inglese, è uno dei quattro inni multilingue del mondo fra i quali spicca il più conosciuto inno del Sudafrica, altra patria del rugby.
Quando lo stadio ha finito di tremare per “Soldier’s Song” si passa ad “Ireland’s Call”, inno magari “artificiale” scritto proprio per la Federazione nel 1995 da Phil Coulter ma che riporta tutti gli irlandesi alla unica chiamata di Irlanda, richiama il valore delle quattro province di Irlanda (Ulster, Munster, Connacht e Leinster). Un testo scarno ma significativo, molto politically correct ma sicuramente vicino alla realtà, un inno che supera le barriere senza giudicarle e che alla fine comunque proclama la risposta positiva, il proprio “si”, alla chiamata dell’Irlanda.
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@MarioBocchio